L'uomo della pioggia
Feb. 22nd, 2019 10:49 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Personaggi: Hank Anderson, Connor
Avvertimenti: What if (un incontro alternativo tra Hank e Connor)
Parole: 1654 (ldf)
Prompt: Pioggia-Sereno
Note: Fanfiction scritta per la seconda settimana del Cow-T organizzato da Lande Di Fandom La fanfiction non è betata, perdonate eventuali errori. Quando lo sguardo dell'androide incontrò il suo per la prima volta, Hank provò una sensazione di fastidio. Le gocce di pioggia scivolavano sulla sua pelle e i suoi capelli sembravano bagnarsi esattamente come quelli di qualunque umano, con l'unica sottile, ma non trascurabile differenza, che non era umano. Eppure tutto di lui sembrava volergli ricordare quanta poca differenza ci fosse tra umani e androidi. Hank non riusciva a sopportarlo. Quella lattina si aggirava sulla scena del crimine come se ne sapesse più di lui e probabilmente era così, grazie ai suoi dannati sensori e a tutta quella cazzo di roba che gli ficcavano nel cervello elettronico. Poi si ricordava di Cole e tutto tornava come prima: forse c'era ancora bisogno degli umani... o forse no. Fuori pioveva anche quella notte e lui, seduto sul divano, meditava sulla vita, sulla sua importanza e sull'utilità di uno come lui quando c'era qualcuno di perfetto come Connor che poteva prendere perfettamente il suo posto. "Potrebbe essere un filo conduttore." Connor fece le spallucce. L'altro si imbronciò. "Sono estramemente serio." "E sia. Ma ti prego, chiamami come vuoi, ma dammi del tu." "Va bene, tenente." Al tempo stesso, però, vedeva la cosa come poco probabile. C'era dell'ironia in tutto il sistema, a dire il vero, perché non sembrava assolutamente razionale se non addirittura folle pensare che davvero il meteo potesse essere collegato all'incontro di una persona. Eppure era lì, ancora con la sua vestaglia e le ciabatte, che mentre faceva fare la classica passeggiata mattutina a Sumo, sperava davvero che piovesse perché voleva rivedere Connor. Passarono altri due giorni e un temporale improvviso colpì Detroit. Hank accese i tergicristalli, mentre con noia, ma anche un pizzico di curiosità, si dirigeva verso il caso che gli era stato assegnato quel giorno. Quando fermò la macchina, quasi non poté crederci. Davanti ai suoi occhi, dopo poco più di due settimane, c'era davvero Connor. Aveva un ombrello nero, lo stesso dell'ultima volta. "Il signore della pioggia," Hank scese dalla macchina e Connor andò verso di lui pronunciando quelle parole. Provò un leggero fastidio, ma anche una punta di divertimento. "Non ci posso credere, mi chiami davvero così?" "Sì, sì... ma cosa ci fai qui? O meglio, so cosa ci fai qui, ma perché ti interessa tanto avere a che fare con me? Giuro, non capisco." "Sembra un tipo intrigante, tenente. Senza contare che mi hanno appena assegnato a lei come suo partner," esordì e Hank spalancò gli occhi. "Cosa? Ma ho sempre esplicitato il mio desiderio di non volere un partner, perché mai darmi non solo qualcuno, ma addirittura un androide. Mi vogliono morto, forse?" Hank si passò una mano sul volto. Dentro di sé provava un inspiegabile senso di soddisfazione nell'avere Connor come partner, ma questo, forse, non lo avrebbe mai detto. Hank non protestò molto per la sua nuova compagnia. Si lamentò un po' con Jeffrey il quale cercò subito di fargli capire quanto non fosse nella posizione di avanzare lamentele. Hank non insistette e accettò Connor come partner. “C’è un bel cielo oggi, Hank.” “Mh,” Hank alzò la testa. Era appoggiato al cofano della macchina, una birra nella mano destra e l’altra sulla carrozzeria. “Te l’avevo detto, ricordi? Forse ora potrei smettere di chiamarti uomo della pioggia…” “Ma non mi hai più chiamato così!” “Non durante le indagini, lo facevo nei miei rapporti. Ma ora c’è qualcosa di diverso in te, Hank. Ora sei… sereno. Come questo cielo.” Hank lo guardò stupito. “Sereno?” “Sì!” “Penso di essere tante cose Connor… ma sereno, non credo.” Connor si bloccò, Hank scosse la testa, guardandolo confuso. “Cosa?” “Niente,” l’androide sorrise, rivolgendo lo sguardo verso il cielo limpido. Forse era vero, forse Connor lo aveva veramente aiutato a cambiare, anche se non avrebbe saputo dire come. Sorseggiò un altro goccio di birra e gli diede un colpetto con la spalla. “Andiamo a casa.” Il cielo fu limpido per molto tempo da quel giorno.
La prima volta in cui lo vide fu un giorno di pioggia.
Il cielo era scuro, grigio, e lui non riusciva assolutamente ad immaginarsi qualcosa di buono per quella giornata, se non il classico bar in cui passare la notte ad ubriacarsi per dimenticare tutta la merda che la sua vita sembrava volergli insistentemente propinare.
Hank non era una persona ottimista e men che meno provava davvero voglia di vivere. Dentro la sua mente c'era sempre e soltanto il costante pensiero e la voglia di sparire dalla faccia della terra, ma sempre troppo poco coraggio per farlo. In fondo, era piuttosto codardo.
Forse anche lui avrebbe voluto essere un androide, sotto sotto. Niente sentimenti, nessuna sofferenza. Quella era una delle tante premesse e sembrava anche essere uno dei tanti vantaggi, anche se forse qualcosa stava davvero cambiando.
Dopo quell’episodio, vide Connor una seconda volta, sempre in una giornata di pioggia e Hank si avvicinò a lui; la prima volta non si erano parlati e in fondo Hank non aveva desiderato davvero farlo, tuttavia non riusciva a smettere di pensare a lui nei momenti di vuoto: Connor continuava a comparire nella sua mente, con i capelli bagnati e l'espressione seria, quella di chi, in fondo, sembra davvero non provare niente.
Ma come si poteva non provare niente di fronte alla morte? Di fronte ai cadaveri di umani o, addirittura, androidi. Erano la stessa specie, eppure a Connor sembrava non interessare. I suoi occhi erano analitici, pronti a rilevare tutto ciò che poteva esserci di interessante su una scena del crimine.
Hank lo guardava investigare e si chiedeva quale fosse lo scopo della sua vita, ormai, quando al mondo c'erano esseri come lui.
Dopo quel caso, Hank non incontrò più Connor, che ad ogni modo non sembrava mai essersi dimostrato realmente interessato a lui. Non erano stati assegnati sempre agli stessi casi e, a quanto pare, la CyberLife preferiva far lavorare il suo androide da solo. Comprensibile, in fondo. Un umano probabilmente gli sarebbe stato solo d'intralcio.
Fu in un altro giorno di pioggia che Hank incontrò Connor, e quel pattern stava cominciando a diventare assai strano. Possibile che ogni volta i loro casi fossero direttamente collegati dalla pioggia? Quella volta, però, Connor aveva l'ombrello.
Sembrava diverso, non avrebbe saputo dire in che modo, ma comunque lo era. Sembrava turbato.
Il suo led lampeggiava di rosso e al suo fianco c'era un altro androide simile a lui, ma più alto, con la giacca larga e la mascella scolpita. Forse un modello successivo?
Hank si avvicinò a loro per sentire un'eventuale conversazione, ma in quei dieci minuti non sentì comunque niente provenire dalle loro bocche, nonostante fosse ovvio che stessero dialogando, in qualche modo
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Hank tornava a casa ogni sera dal Jimmy's Bar con l'intento di essere sufficientemente ubriaco da avere il coraggio di premere quel cazzo di grilletto e farla finita. Alcune volte ci riusciva, altre no, ma non c'era mai il proiettile ad aspettarlo.
Buffo, in qualche modo sembrava che il destino gli stesse costantemente dicendo che ancora non era giunto il suo momento. Ma se non in quegli istanti, quando? Magari si sarebbe preso una pallottola da qualche criminale da quattro soldi o avrebbe fatto un incidente d'auto tornando verso casa.
A volte la vita riservava davvero delle sorprese strane.
"Lei deve essere il tenente Anderson," Hank si voltò di scatto, dietro di lui c'era Connor. Stava in piedi con aria algida e con la schiena dritta. La sua postura era assolutamente poco naturale, degna di un androide.
"Indovinato," Hank ridacchiò, appoggiandosi con il sedere al cofano della propria macchina. "A cosa devo questo interesse?"
Connor lo guardò e incrociò le mani dietro la schiena.
"Ho visto che spesso indaghiamo sugli stessi casi," osservò, guardandosi intorno. "E per qualche motivo, sono sempre casi in cui piove," aggiunse, guardando sopra di sé. Quel giorno, come gli altri, non faceva eccezione.
"Sembra quasi poetico," rispose sarcasticamente, Hank. Avrebbe voluto sfoderare qualche altra battuta un po' acida, ma in realtà l'androide aveva ragione. I loro incontri avvenivano sempre sotto la pioggia.
"Oh, io dubito seriamente che possa esserci qualcosa per cui ogni volta che ci incontriamo, piove. Sembrerebbe piuttosto assurdo, non credi? Oltre che presuntuoso e forse un poco megalomane."
"Forse, però non posso far a meno di pensare a lei come l'uomo della pioggia."
Hank scoppiò in una fragorosa risata.
"L'uomo della pioggia? Fottuti androidi, ne avete di fantasia!"
"Non ne dubito"
"Finché non ci incontreremo in un giorno in cui il cielo è sereno, io la chiamerò l'uomo della pioggia."
Hank aprì il piccolo ombrello che si era ostinato a tenere chiuso fino a quel momento.
Passarono due settimane esatte da quell'incontro e Hank non riusciva a farsene una ragione. Erano due settimane che non pioveva e ormai osservava il cielo in attesa di qualche nuvola grigia. Sarebbe stata una coincidenza quantomeno inteessante se davvero avesse incontrato Connor in un altro giorno di pioggia.
In tutto ciò, il vero problema, era proprio la voglia di rivedere Connor. Perché mai si sarebbe davvero dovuto interessare a un cazzo di androide di latta misto a un po' di thirium?
Sospirò, alzando gli occhi. Forse stava davvero esagerando.
"Che cazzo..."
"Te l'avevo detto," rispose Connor, il quale lo accolse sotto il suo ombrello. Hank non aveva portato il suo con sé, dal momento che non sembrava aver dato pioggia per quel giorno.
"O magari è l'esatto contrario," rispose Connor, con fare analitico.
Fu finché Hank non cominciò davvero ad accettare Connor totalmente come suo compagno, che la pioggia cadde su di loro ogni giorno. Sebbene fosse totalmente irrazionale pensarlo, sembrava che il suo io si concretizzasse davvero nel meteo, e per quanto fosse mistico e… improbabile, Hank decise di accettare tutto ciò come un segno divino.
Con lo scorrere del tempo, le giornate cominciarono a diventare progressivamente più belle e così anche il cielo sopra le loro teste.
“Invece sì, non sei più oscuro, non con me. Adesso sei più gentile e…”