[One Shot] Sotto il sole di Biancavilla
Apr. 3rd, 2019 12:24 am![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Titolo: Sotto il sole di Biancavilla
Fandom: Pokémon
Wordcount: 1134
Prompt: Ariete - Zodiaco / M12 del cow-t di landedifandom
Note: non betata, come sempre
Rating: Safe
Ash Ketchum era nato i primi giorni di Aprile, quando il caldo cominciava ad affacciarsi timidamente su Biancavilla. Mai troppo e nemmeno troppo poco. Le giornate di sole illuminavano il piccolo paesino, rendendo rigogliosa la natura e i raccolti.
Delia Ketchum aveva cresciuto suo figlio da sola e non era stato facile.
Un piccolo ariete, il suo Ash, di segno e di fatto. Come descriveva il suo segno zodiacale, Ash era un bambino energico, pieno di vita. Delia avrebbe voluto dire che gli ricordava se stessa, ma la verità era che era identico a suo padre, quell'uomo di cui si era innamorata e che le aveva spezzato il cuore.
Sotto il sole di Biancavilla, Ash correva entusiasta nel giardino di casa e Delia si chiedeva se sarebbe mai stata in grado di dargli la vita che meritava.
"Voglio diventare un allenatore di Pokémon!" continuava a ripetere con entusiasmo a chiunque glielo chiedesse, Ash era davvero un bambino caparbio e lo si poteva notare anche solo dalla luce nei suoi occhi e dal sorriso convinto, quello di chi aveva già capito tutto sulla propria vita.
Delia non poteva far altro che sorridere e assecondarlo, perché in fondo avrebbe voluto anche lei possedere tutta la convinzione e la forza d'animo di suo figlio.
La forza di sfondare tutto, proprio come un ariete.
E in fondo, quella forza ce l'aveva pure, magari. Aveva cresciuto da sola suo figlio senza l'aiuto di nessuno. Lo aveva educato bene, aveva fatto spola tra casa e lavoro nei momenti più disparati, si era fatta letteralmente in quattro per dare ad Ash la vita migliore che potesse regalargli, non gli avrebbe mai fatto mancare niente.
Diventare madre a diciannove anni non era stata una passeggiata, tutt'altro.
Si era ritrovata tra le mani una serie di responsabilità che non aveva mai chiesto e che in fondo non era nemmeno certa di volere in quel momento della sua vita. Non che non avesse pianificato l'idea di avere un figlio, ma sicuramente non lo voleva a quell'età.
Però, era rimasta incinta, e sebbene ci avesse pensato a lungo, non se le era sentita di abortire. In fondo il padre del bambino sembrava a sua volta così convinto di volerlo e di crescerlo insieme, che questo le aveva dato la forza di decidere. Lo avrebbero tenuto, costi quel che costi.
E così, Delia si era autoconvinta di voler essere madre - di volerlo essere così giovane - e aveva portato avanti la gravidanza. Nove mesi piuttosto lunghi, ma non aveva rimpianto nemmeno per un attimo la sua scelta, perché al suo fianco c'era il suo compagno, e tanto bastava per renderla sicura di ciò che stava facendo. Sembrava la cosa migliore del mondo, anche se non lo voleva in quel momento.
Quando gli avevano detto che sarebbe stato un maschietto, per lei non fu una grande sorpresa. Dentro al suo cuore lo aveva sempre saputo. Non aveva mai pensato a se stessa come madre di una figlia femmina; non che ci fosse qualcosa di male, la avrebbe amata nel medesimo modo, ma l'idea che fosse un maschio era sempre stata radicata nella sua mente, ancor prima che diventasse chiara ed evidente.
Il suo compagno non l'aveva accompagnata alla visita quel giorno, aveva da fare. Non era stato un problema, ma avrebbe voluto conoscere il sesso del nascituro assieme a lui. In fondo, però, sarebbe stato comunque bello rivelarglielo anche in un secondo momento. Magari avrebbe potuto provare a farlo indovinare.
Quando tornò a casa, però, non trovò traccia di Jack. Aspettò, chiedendosi dove fosse finito, per quale motivo non avesse lasciato un biglietto.
Aspettò, aspettò e aspettò ancora. Invano.
Per giorni Delia credette di vederlo tornare, di vederlo varcare la soglia di nuovo, ma non fu così. Il suo compagno non tornò più e lei avrebbe dovuto crescere suo figlio da sola a diciannove anni.
Pianse. Lo fece per giorni, probabilmente per settimane, finché dentro di lei non scattò qualcosa. No, il suo bambino meritava molto più di questo e molto più di un padre assente. Sarebbe stata un'ottima madre, lo aveva sempre pensato e voleva esserlo. Voleva fare tutto ciò che poteva essere necessario per rendere Ash il bambino più fortunato di sempre.
E sicuramente non fu facile, nonostante la sua convinzione e la sua tenacia. Alcune volte vacillò, a volte di più, a volte di meno. Per fortuna, i suoi amici le furono sempre accanto, abbastanza da sostenerla e aiutarla sia durante la sua gravidanza che dopo.
Il Professor Oak era tra questi. La aveva accolta a Biancavilla da quando si era trasferita lì per cominciare una nuova vita, e la aveva aiutata ad integrarsi.
Qualche volta, il Professore le portava del latte fresco appena munto dai Miltank, altre volte invece le faceva semplicemente trovare del pane appena sfornato. Era confortante sapere che almeno a qualcuno interessava di lei e, nonostante l'abbandono, si sentiva amata. Amata dagli amici, amata dagli abitanti del posto.
Quindi Delia crebbe Ash da sola, ma lo fece nel migliore dei modi. E in effetti, nonostante le numerose - ma legittime - domande del figlio, lui sembrava non sentir mai il bisogno di un padre. Sembrava sempre essere felice con lei, e questo le bastava.
Però, le cose non potevano durare per sempre e sapeva che un giorno o l'altro, Ash sarebbe partito per diventare un allenatore di Pokémon. Lo sapeva da ancor prima che Ash esprimesse quel desiderio.
Come ogni madre avrebbe un po' sofferto quella decisione, ma la rispettava. D'altro canto, che potere aveva su di lui? Sarebbe soltanto stato strano, rivedere così tanto suo padre nel sui piccolo bambino. Tuttavia, sperava di avergli insegnato bene e di avergli trasmesso tutti i suoi valori e come mai e poi mai, le persone andassero lasciate indietro.
Ash era un bravo bambino e sarebbe cresciuto bene, a prescindere da tutto. Ne era certa.
E così, mentre correva per le strade di Biancavilla, poteva vederlo crescere sempre di più sotto ai suoi occhi. Poteva vedere le sue prime cadute, le sue prime rivalità, i suoi primi veri amici.
Delia non ne aveva dubbi, il suo piccolo Ash ce l'avrebbe fatta. Per questo non lo avrebbe mai messo in catene, si meritava di spiccare il volo e di andare lontano, molto più di quanto non avesse mai fatto nessun altro prima. Forse sarebbe caduto, magari una, magari due, o forse tre volte, ma si sarebbe rialzato e lei non ne aveva alcun dubbio. In fondo, aveva preso da lei, che di cadute ne aveva affrontate molte, anche troppe, ma sempre col sorriso sulle labbra.
E quindi, tutto sommato, Ash le somigliava molto più di quanto non avesse mai ammesso a se stessa e lo poté riconoscere in quel momento, sotto il sole di Biancavilla, mentre partiva per il suo nuovo, primissimo viaggio.
Fandom: Pokémon
Wordcount: 1134
Prompt: Ariete - Zodiaco / M12 del cow-t di landedifandom
Note: non betata, come sempre
Rating: Safe
Ash Ketchum era nato i primi giorni di Aprile, quando il caldo cominciava ad affacciarsi timidamente su Biancavilla. Mai troppo e nemmeno troppo poco. Le giornate di sole illuminavano il piccolo paesino, rendendo rigogliosa la natura e i raccolti.
Delia Ketchum aveva cresciuto suo figlio da sola e non era stato facile.
Un piccolo ariete, il suo Ash, di segno e di fatto. Come descriveva il suo segno zodiacale, Ash era un bambino energico, pieno di vita. Delia avrebbe voluto dire che gli ricordava se stessa, ma la verità era che era identico a suo padre, quell'uomo di cui si era innamorata e che le aveva spezzato il cuore.
Sotto il sole di Biancavilla, Ash correva entusiasta nel giardino di casa e Delia si chiedeva se sarebbe mai stata in grado di dargli la vita che meritava.
"Voglio diventare un allenatore di Pokémon!" continuava a ripetere con entusiasmo a chiunque glielo chiedesse, Ash era davvero un bambino caparbio e lo si poteva notare anche solo dalla luce nei suoi occhi e dal sorriso convinto, quello di chi aveva già capito tutto sulla propria vita.
Delia non poteva far altro che sorridere e assecondarlo, perché in fondo avrebbe voluto anche lei possedere tutta la convinzione e la forza d'animo di suo figlio.
La forza di sfondare tutto, proprio come un ariete.
E in fondo, quella forza ce l'aveva pure, magari. Aveva cresciuto da sola suo figlio senza l'aiuto di nessuno. Lo aveva educato bene, aveva fatto spola tra casa e lavoro nei momenti più disparati, si era fatta letteralmente in quattro per dare ad Ash la vita migliore che potesse regalargli, non gli avrebbe mai fatto mancare niente.
Diventare madre a diciannove anni non era stata una passeggiata, tutt'altro.
Si era ritrovata tra le mani una serie di responsabilità che non aveva mai chiesto e che in fondo non era nemmeno certa di volere in quel momento della sua vita. Non che non avesse pianificato l'idea di avere un figlio, ma sicuramente non lo voleva a quell'età.
Però, era rimasta incinta, e sebbene ci avesse pensato a lungo, non se le era sentita di abortire. In fondo il padre del bambino sembrava a sua volta così convinto di volerlo e di crescerlo insieme, che questo le aveva dato la forza di decidere. Lo avrebbero tenuto, costi quel che costi.
E così, Delia si era autoconvinta di voler essere madre - di volerlo essere così giovane - e aveva portato avanti la gravidanza. Nove mesi piuttosto lunghi, ma non aveva rimpianto nemmeno per un attimo la sua scelta, perché al suo fianco c'era il suo compagno, e tanto bastava per renderla sicura di ciò che stava facendo. Sembrava la cosa migliore del mondo, anche se non lo voleva in quel momento.
Quando gli avevano detto che sarebbe stato un maschietto, per lei non fu una grande sorpresa. Dentro al suo cuore lo aveva sempre saputo. Non aveva mai pensato a se stessa come madre di una figlia femmina; non che ci fosse qualcosa di male, la avrebbe amata nel medesimo modo, ma l'idea che fosse un maschio era sempre stata radicata nella sua mente, ancor prima che diventasse chiara ed evidente.
Il suo compagno non l'aveva accompagnata alla visita quel giorno, aveva da fare. Non era stato un problema, ma avrebbe voluto conoscere il sesso del nascituro assieme a lui. In fondo, però, sarebbe stato comunque bello rivelarglielo anche in un secondo momento. Magari avrebbe potuto provare a farlo indovinare.
Quando tornò a casa, però, non trovò traccia di Jack. Aspettò, chiedendosi dove fosse finito, per quale motivo non avesse lasciato un biglietto.
Aspettò, aspettò e aspettò ancora. Invano.
Per giorni Delia credette di vederlo tornare, di vederlo varcare la soglia di nuovo, ma non fu così. Il suo compagno non tornò più e lei avrebbe dovuto crescere suo figlio da sola a diciannove anni.
Pianse. Lo fece per giorni, probabilmente per settimane, finché dentro di lei non scattò qualcosa. No, il suo bambino meritava molto più di questo e molto più di un padre assente. Sarebbe stata un'ottima madre, lo aveva sempre pensato e voleva esserlo. Voleva fare tutto ciò che poteva essere necessario per rendere Ash il bambino più fortunato di sempre.
E sicuramente non fu facile, nonostante la sua convinzione e la sua tenacia. Alcune volte vacillò, a volte di più, a volte di meno. Per fortuna, i suoi amici le furono sempre accanto, abbastanza da sostenerla e aiutarla sia durante la sua gravidanza che dopo.
Il Professor Oak era tra questi. La aveva accolta a Biancavilla da quando si era trasferita lì per cominciare una nuova vita, e la aveva aiutata ad integrarsi.
Qualche volta, il Professore le portava del latte fresco appena munto dai Miltank, altre volte invece le faceva semplicemente trovare del pane appena sfornato. Era confortante sapere che almeno a qualcuno interessava di lei e, nonostante l'abbandono, si sentiva amata. Amata dagli amici, amata dagli abitanti del posto.
Quindi Delia crebbe Ash da sola, ma lo fece nel migliore dei modi. E in effetti, nonostante le numerose - ma legittime - domande del figlio, lui sembrava non sentir mai il bisogno di un padre. Sembrava sempre essere felice con lei, e questo le bastava.
Però, le cose non potevano durare per sempre e sapeva che un giorno o l'altro, Ash sarebbe partito per diventare un allenatore di Pokémon. Lo sapeva da ancor prima che Ash esprimesse quel desiderio.
Come ogni madre avrebbe un po' sofferto quella decisione, ma la rispettava. D'altro canto, che potere aveva su di lui? Sarebbe soltanto stato strano, rivedere così tanto suo padre nel sui piccolo bambino. Tuttavia, sperava di avergli insegnato bene e di avergli trasmesso tutti i suoi valori e come mai e poi mai, le persone andassero lasciate indietro.
Ash era un bravo bambino e sarebbe cresciuto bene, a prescindere da tutto. Ne era certa.
E così, mentre correva per le strade di Biancavilla, poteva vederlo crescere sempre di più sotto ai suoi occhi. Poteva vedere le sue prime cadute, le sue prime rivalità, i suoi primi veri amici.
Delia non ne aveva dubbi, il suo piccolo Ash ce l'avrebbe fatta. Per questo non lo avrebbe mai messo in catene, si meritava di spiccare il volo e di andare lontano, molto più di quanto non avesse mai fatto nessun altro prima. Forse sarebbe caduto, magari una, magari due, o forse tre volte, ma si sarebbe rialzato e lei non ne aveva alcun dubbio. In fondo, aveva preso da lei, che di cadute ne aveva affrontate molte, anche troppe, ma sempre col sorriso sulle labbra.
E quindi, tutto sommato, Ash le somigliava molto più di quanto non avesse mai ammesso a se stessa e lo poté riconoscere in quel momento, sotto il sole di Biancavilla, mentre partiva per il suo nuovo, primissimo viaggio.