[Capitolo 1] Who are you?
Mar. 7th, 2019 12:42 am![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Titolo: Who are you? - Capitolo 1
Fandom: Detroit: Become Human
Pairing/Personaggi: Hank Anderson, Connor
Prompt: dimenticare/dimenticarsi
Rating: Safe (per ora)
Avvertimenti: post finale buono... quindi boh? vaghi spoilers?
Genere: angst accennato (per ora)
Note: In questa prima parte Hank e Connor non hanno una relazione amorosa, ma ci sono le basi affinché questo accada.
SuperImportante: La fanfiction NON è né betata, né riletta. Lo farò, perché voglio continuarla e dargli una dignità, però siete avvertiti/e, ecco. Potrebbero esserci diverse sviste/erroracci.
Wordcount: 8207 (landedifandom)
Ulteriori note: fic scritta per il nono cow-t per la squadra Eva Lirica.
Il titolo viene dalla canzone di Mikky Ekko "Who Are You", che per me è tipo la canzone Hankcon per eccellenza.
"Chi sei?"
Quelle parole ferirono Hank più di una coltellata in petto. Il fiato gli mancò e non riusciva nemmeno più a guardare Connor negli occhi senza sentirsi male.
Il suo peggiore incubo si era avverato e lui non poteva farci niente.
*
Detroit - Gennaio 2039
Faceva un freddo cane, fin troppo per essere umano, e Hank si era stretto nel cappotto con le mani dentro le tasche per cercare di andare a fare la spesa. Odiava i supermercati, la luce fredda e gli scaffali ricolmi di cose che però, puntualmente, non ti fornivano mai ciò di cui avevi davvero bisogno.
Si guardò intorno, chiedendosi come mai, a distanza di un mese, ancora non vi fosse un reparto alimentare - o roba del genere - per gli androidi. Gli sarebbe piaciuto comprare qualcosa per Connor, condividere con lui un pasto.
Per il momento, l'unica soluzione che aveva trovato, era quella brodaglia blu che poteva fargli bere, ed era un po' come condividere una birra con un amico, anche se questo amico era fatto di circuiti, cavi e un bel po' di ansia e fastidio, in alcuni momenti.
Tuttavia, sempre a distanza di due mesi, Hank doveva ammettere a se stesso che vivere con Connor aveva decisamente cambiato il suo modo di vedere le cose, in tutti i sensi.
Prima di tutto, poteva finalmente godersi un po' di compagnia e, in secondo luogo, non si sentiva più solo. Sembrava poco, ma per lui era un gran bel traguardo; come di fatti lo era toccare l'alcol almeno la metà delle volte rispetto a prima - si limitava, infatti, a bere giusto qualche bottiglia di birra e decisamente molti meno super alcolici.
Non che Connor fosse sempre il massimo della compagnia o il migliore amico che si potesse avere accanto, ma sembrava già un bel progresso anche solo il fatto che fosse sempre lì a preoccuparsi per lui. Anche insolito, in effetti. Nonostante fossero mesi che lavoravano gianco e fianco, ancora non era abituato all'idea di avere qualcuno che si preoccupava davvero per lui e per la sua salute.
A volte era davvero fastidioso.
Si metteva lì, con la sua aria saccente e scannerizzava ogni dannata caloria del cibo che provava a mangiare. Forse, se solo avesse avuto il coraggio di pesarsi, avrebbe anche scoperto di essere dimagrito. E non sarebbe stato così strano, considerando che ogni volta che era Connor a fare la spesa, sceglieva tutti i prodotti più dietetici che riusciva a trovare.
Alcune sere spendeva una serie interminabile di ore su internet a cercare ricette da potergli cucinare in modo "light", e se da un lato Hank gliene era grato anche solo perché, in quel modo, qualcuno lo spingeva davvero a prendersi cura di se stesso, altre volte avrebbe semplicemente voluto prendersi un dannato doppio cheeseburger con salse e chissà quanta altra roba dentro.
Gli mancavano anche le patatine fritte, sebbene non fosse un grande estimatore di quel genere di schifezze.
Prese dallo scaffale una busta di insalata e la buttò nel cestello.
Quel dannato androide aveva cambiato il suo modo di vedere e vivere le cose in modo radicale e in fondo, anche se avrebbe sempre fatto fatica ad ammetterlo, ne era felice. Aveva davvero bisogno di lui, molto più di quanto non sarebbe mai riuscito ad ammettere.
Quando arrivò a casa, appoggiò la spesa sul tavolo e Sumo arrivò immediatamente alle sue gambe alla ricerca di cibo. Da quando Connor viveva con loro, era lui a prendersi principalmente cura dell'animale domestico, tuttavia c'erano periodi in cui Connor doveva assentarsi per andare da Markus, il quale aveva deciso di prenderlo sotto la propria ala come co-capitano della rivoluzione. Certo, ormai era giunta al termine, ma da un punto di vista puramente burocratico la strada per i diritti degli androidi sembrava essere ancora molto lunga.
Così, due volte a settimana, gli androidi supersititi della rivoluzione si riunivano e cercavano di cominciare a stilare nuovi regolamenti interni e leggi da proporre per cominciare ad avere davvero dei diritti, visto che il Governo americano se la stava prendendo più comoda del previsto.
L'incarico principale era stato dato a Markus, naturalmente, il quale lo aveva accettato assolutamente di buon grado. Il suo essere leader lo aveva portato ad essere protagonista di situazioni estreme, ma non aveva mai perso il controllo di fronte a niente e nessuno più di lui sarebbe mai stato adeguato per quell'incarico.
Di tanto in tanto, però, richiedeva anche la presenza di Connor, che con il suo occhio analitico e il suo atteggiamento sempre posato sembrava davvero essere un buon braccio destro, assieme a North, Simon e Josh.
Hank era fiero di Connor e contento per lui, anche se Connor stesso sembrava non essere sempre pienamente entusiasta della sua posizione. Sembrava quasi che all'androide non interessasse essere coinvolto in quel processo e che preferisse, piuttosto, vivere la propria vita con Hank in modo più tranquillo.
Hank infilò il guinzaglio a Sumo e lo portò fuori per fare i suoi bisogni. Fu in quel momento che i fari di una macchina illuminarono il buio e dalla porta del taxi sbucò Connor, vestito in modo preciso ed elegante come al suo solito.
Accennò un sorriso, dirigendosi verso di lui.
"Guarda chi è tornato in patria," ridacchiò Hank, mentre Sumo lo tirava verso di lui, "giornata dura?"
Connor inclinò appena la testa, "non particolarmente, ma non ci sono molte cose da raccontare. I progressi faticano ad arrivare e Markus non riesce ad avere un contatto diretto con la CyberLife."
"Forse dovreste andare da Kamski," suggerì Hank.
"Forse. Ma credo che Markus non ami molto l'idea."
"Come dargli torto," mormorò, ripensando all'ultima volta in cui erano stati a casa del creatore di Markus e Connor. Kamski era un uomo eccentrico e decisamente poco affabile. Era il genere di uomo che Hank faceva molta fatica ad apprezzare, anche se per ovvi motivi.
"Entriamo?" chiese Connor, mostrando poi nella mano destra un sacchettino di carta, "ho comprato delle ciambelle. Vegane, ovviamente, ma ho pensato che ti avrebbero comunque fatto piacere."
Hank accennò un sorriso e si passò una mano tra i capelli, abbassando lo sguardo.
"Diciamo che la mia prima scelta non sarebbero le ciambelle vegane, ma…”
“Lo sai, è per la salute.”
“Lo so, lo so, non serve che mi fai la predica. Anzi, grazie,” rispose, prendendo il sacchetto che Connor gli porse gentilmente. “Ci volevano dopo questa giornata,” aggiunse.
“Qualche caso difficile?” Connor incrociò le braccia dietro la schiena, camminava sempre al suo fianco con una postura dritta, precisa. Hank avrebbe voluto vederlo più sciolto, qualche volta.
“Un bambino ucciso dal padre,” rispose Hank, prendendo una birra dal frigo e addentando la prima ciambella. Si sedette sul divano, sapendo che l’altro avrebbe fatto lo stesso.
“Oh. Mi dispiace,” rispose, accomodandosi al suo fianco. Hank notò il cipiglio di dispiacere sul suo volto e non se ne meravigliò troppo, da quando era diventato deviante, Connor sembrava davvero essere cambiato nel modo di approcciarsi alle emozioni. Aveva ancora molto da imparare, ma le sue reazioni erano sincere, a volte anche troppo. Sembrava non essere sempre in grado di calibrare il modo di percepire le cose, ma Hank supponeva che fosse normale. In fondo chissà come sarebbe stato essere un guscio vuoto improvvisamente riempito di troppe sensazioni.
"Già, la solita merda," Hank bevve un altro sorso di birra e addentò ancora la ciambella. Doveva ammetterlo; era davvero buona per essere una versione light di una ciambella vera. Certo, poteva quasi dire che fosse fatta di aria, ma in fondo non era così. Il sapore era piuttosto simile a quelle che mangiava ogni giorno, e in realtà forse avrebbe davvero dovuto cominciare ad abbracciare la filosofia di Connor riguardo al cibo, sicuramente la sua salute avrebbe ringraziato.
"Vorrei davvero tornare ad investigare attivamente con te, però," disse Connor. Le mani precise sulle ginocchia e la postura composta. A volte Hank avrebbe voluto che si sbottonasse un pochino di più.
"Succederà. Dobbiamo solo aspettare che la legge faccia il suo corso."
"Sembra essere piuttosto lento, questo corso," mormorò Connor, e Hank poté cogliere la nota di disappunto nella sua voce.
"Hai ragione. Lo è per gli umani, figurati cosa può importare al Governo americano dei diritti degli Androidi. Vorrei dirti che avete davvero vinto la rivoluzione, ma niente sarà vinto finché davvero, ogni singolo umano presente sulla faccia di questa dannata terra, non saprà riconoscervi come esseri viventi pari a noi e purtroppo, Connor, la strada è ancora piuttosto lunga."
Connor serrò le labbra e guardò Hank intensamente, il quale si chiedeva, ogni santa volta, che cosa passasse nella mente dell'androide. Se da un lato almeno all'apparenza sembrava sempre perfettamente umano, da un punto di vista mentale, era difficile leggere le emozioni dentro di lui, almeno in alcuni momenti.
"Temo tu abbia ragione," rispose poi, rilassandosi un po' e cambiando spontaneamente canale alla tv. Hank a volte lasciava che Connor decidesse che cosa guardare anche solo per insegnargli l'arte del libero arbitrio.
A differenza degli altri androidi diventati devianti, il percorso di Connor era stato diverso. Più tormentato, più lento. Connor non aveva accettato immediatamente la propria devianza sebbene avesse avuto quasi sempre una scelta fin dall'inizio della sua breve vita. Molte volte aveva anteposto la vita di Hank alla sua missione, per esempio, e quello sembrava già essere un "sintomo" più che sufficiente per denotare una devianza.
Nonostante ciò, però, Connor doveva ancora familiarizzare con le emozioni e imparare a gestirle, controllarle. Alcune volte rimaneva vittima di esse e sembrava paralizzato dall'incertezza sul fare o non fare qualcosa, lasciarsi andare o non lasciarsi andare.
Hank, come meglio poteva, cercava di insegnargli quei piccoli passi e di farlo progredire. Certo, ne era sicuro, non era il miglior insegnante del mondo.
Purtroppo la sua testa era talmente un fottuto casino che nemmeno il più geniale degli psicologi avrebbe potuto districare quel nodo che c'era dentro di lui, ma se poteva almeno fare qualcosa di buono per Connor l'avrebbe fatto, a qualunque costo.
Passarono la serata sul divano e Hank si addormentò lentamente, lasciandosi cadere sulla spalla del compagno androide e risvegliandosi qualche ora dopo nel proprio letto, avvolto perfettamente dalle coperte.
*
L'indomani, Hank era stato chiamato per investigare su una sparizione di un androide domestico. A detta del padrone di tale androide, la fuga non sembrava un'opzione papabile, in quanto quest'ultima aveva deciso per propria volontà di rimanere a vivere con lei.
Daisy era una signora sulla quarantina che viveva da sola e quando Hank l'aveva vista aveva provato un'immediata pena per lei. Se ne stava piegata sul divano, con un cumolo di fazzoletti sporchi sul tavolo e non riusciva a smettere di piangere.
Di scene come quella ne aveva viste tantissime ovviamente, ma quel caso sembrava riservare qualcosa di speciale per lui.
La nota di colore, infatti, sembravano essere i sentimenti di Daisy per l'androide. Un caso che avrebbe potuto trovare prima nelle sue indagini, ma che in effetti non si era ancora palesato. Almeno fino a quel momento.
Hank si sedette con lei al tavolo e prese appunti. Era strano investigare da solo, dopo tutti quei mesi in cui era stato affiancato da Connor e dalla sua fastidiosa puntigliosità.
"Non potrei vivere senza la mia Alia," mormorò, stringendosi nelle spalle. La donna si fece piccola davanti a lui, "per me lei è... molto più di un androide. Magari le sembrerà stupido, ma nessuno mi ha mai voluto bene quanto lei."
Appoggiò una mano sul tavolo, cercando quella di Hank, il quale ritrasse istintivamente le dita per poi cercare di non ripetere quel gesto. Andiamo, era solo una persona che aveva bisogno di sostegno!
"Mi prometta che la ritroverà."
Non gli piaceva fare promesse che non poteva mantenere, ma il dolore negli occhi di quella donna gli faceva male. Chissà se anche lui sarebbe stato così, senza Connor. I sentimenti erano senza dubbio diversi, ma non riusciva più ad immaginare la propria vita senza quell'ammasso di circuiti e sangue blu.
"Ci proverò," rispose, cercando di rivolgerle il più caldo dei sorrisi che poteva sfoggiare.
E ci avrebbe provato, davvero. Ce l'avrebbe senz'altro messa tutta.
Le circostanze erano strane e gli indizi davvero pochi. Nessuna traccia particolare, l'androide era semplicemente scomparsa nel cuore della notte, dopo essere uscita per prendere il latte.
Daisy non sembrava nemmeno avere particolari inimicizie o rivalità sul lavoro, nessuno che avrebbe potuto, con motivazione, rapire il suo androide per sfregio, almeno per ciò che sembrava risultare nella prima stesura dei fatti. Era tutto molto strano, troppo.
Hank si alzò e con un saluto si congedò, dando una pacca sulla spalla a Daisy e dicendole di rimanere speranzosa e che avrebbe fatto del suo meglio.
E di sicuro ci avrebbe provato.
***
Connor non aveva mai parlato con Hank di Amanda. Non ne aveva mai avuto l'occasione o, semplicemente, ogni volta che aveva provato a farlo, qualcosa lo aveva bloccato. Niente di esterno, qualcosa dall'interno, come un comando, un ordine. Il che era assurdo, dal momento che era un deviante, ormai. Tuttavia, c'era sempre qualcosa nel retro della propria mente che lo portava a bloccarsi in determinate situazioni. Era come se si dimenticasse cosa voleva fare o dire e la cosa lo frustrava.
Così, nei momenti in cui Hank era a lavoro, oltre che ad occuparsi della casa, Connor provava a fare ricerche sullo stato attuale degli androidi, dei loro diritti e degli upgrade effettuati dalla CyberLife. Dopo la rivoluzione tutto ciò che riguardava le azioni della CyberLife nei confronti degli androidi erano rimaste piuttosto fumose e poco chiare, questo non era un buon segno. Connor era stato ufficialmente estromesso da essa e non poteva più farvi ritorno, non come investigatore, almeno. Ormai era un semplice androide con qualche potenzialità in più. Per ciò che ne sapeva lui, la CyberLife aveva messo in commercio altri prototipi simili, ma lui era ancora unico nel suo genere, o almeno doveva esserlo dopo aver ucciso il suo simile il giorno in cui aveva liberato tutti gli altri androidi.
Anche se riposarsi non era così male, per Connor c'era davvero qualcosa di frustrante nel vivere costantemente lontano dalle indagini. Era nato per questo e non poterlo fare sembrava davvero ridicolo. Insomma, qual era lo scopo della sua esistenza e del proprio software se non indagare?
Avrebbe davvero voluto tanto tornare ad aiutare Hank, per questo aveva cominciato a svolgere da solo delle ricerche personali. Magari avrebbe potuto scoprire qualcosa.
Anche perché, ne era sicuro, la CyberLife non si sarebbe limitata a rimanere in silenzio mentre il suo business crollava miseramente a pezzi. Forse lo stavano reinventando, forse Kamski stava tornando al "potere" come aveva sempre desiderato.
Qualunque fossero le loro mosse lui voleva saperle e voleva essere certo di non essere manipolato un'altra volta. Non avrebbe potuto sopportarlo.
***
"Oggi uscirà un nuovo aggiornamento della CyberLife compatibile con gli androidi devianti," Markus era seduto sul tavolo e stava rivolgendo lo sguardo alla tv, la quale continuava a trasmettere notizie sugli androidi. Ormai erano sulla bocca di chiunque, ogni giorno. Erano la prima pagina nelle testate online, erano la notizia di punta dei servizi televisivi e talvolta invitavano devianti alle trasmissioni tv.
Erano trattati, almeno in parte, come dei fenomeni da baraccone.
"Credi che possa essere dannoso?" North rivolse verso di lui uno sguardo duro.
"Non lo so. Purtroppo non c'è modo di fermarlo, perciò ci prenderemo quel che verrà. Da ciò che mostra il rapporto è semplicemente un modo per rimediare eventuali bug dati dalla devianza, come istinti violenti e cose del genere. Francamente lo trovo più un tentativo per riprendere il controllo della nostra specie..."
North serrò le labbra.
"Possiamo cominciare ad elaborare un modo per fare dei downgrade o per scollegare il nostro software dalla CyberLife," suggerì Simon, seduto vicino a loro.
"Potresti farlo?" chiese Markus, estremamente serio.
L'altro annuì.
"Con tutta probabilità non potrò metterci un giorno, ma se non erro alcuni modelli saranno esclusi da questo update," esordì, "Io sono un modello piuttosto vecchio, anche presupponendo che l'upgrade punti a danneggiarci in qualche modo, potrebbe non essere compatibile con il mio software."
Il pensiero di Simon sembrò piuttosto ragionevole e Markus avallò la sua richiesta.
Da dopo la rivoluzione, Markus, Simon, Josh e North avevano occupato un vecchio edificio abbandonato cercando di adibirlo come un posto vivibile, come una casa in cui tutti e quattro potessero vivere sereni. Era diventato una sorta di secondo quartier generale di Jericho, dove gli androidi potevano passare e cercare riparo in qualunque caso.
"Per una volta potrebbe davvero non essere qualcosa di negativo, non credete?" Intervenì Josh.
"Forse," Markus si mise le mani in tasca e lo guardò con aria scettica, "ma ancora non mi fido abbastanza. Gli umani non ci stanno dimostrando grande collaborazione. E' vero, non ci uccidono più a vista d'occhio, ma rimane il fatto che se fosse per la maggior parte di loro, la nostra specie nemmeno esisterebbe," scese dal tavolo e si diresse verso la porta. "Continuiamo le indagini e cerchiamo di capirci qualcosa. Intanto io ho chiesto a Connor di aiutarci, sicuramente lui conosce la CyberLife meglio di noi, uniti troveremo una soluzione."
Il resto dei presenti annuì e Simon cominciò ad eseguire le sue ricerche.
***
Quando Hank rientrò a casa fu accolto da un delizioso odore di cibo appena preparato. Si affacciò verso la cucina e trovò Connor impegnato a cucinare delle verdure. Sorrise, avvicinandosi a lui mentre Sumo continuava a infilarglisi - per come poteva - tra le gambe.
"Oh! Ciao Hank, non ti ho sentito rientrare," esordì. Per una volta, Hank aveva il piacere di vederlo semplicemente in maglietta e pantaloni morbidi, anziché avvolto sempre nei suoi abiti formali.
"Cosa stai cucinando?" chiese, sbirciando curioso.
"Verdure saltate e un po' di pollo alla griglia. Tutto molto banale ma, ti prometto, sarà buono," rispose, con un sorriso.
"E tu come fai a sapere se è buono se non puoi neanche assaggiare?" lo punzecchiò Hank e Connor non si scompose particolarmente.
"Naturalmente il mio software può dirmi quando qualcosa è buono e quando non lo è."
"Sembra che tu possa fare fin troppe cose domestiche pur non essendo un androide creato per questo."
Connor fece le spallucce.
"Che devo dirti, evidentemente la CyberLife ha voluto costruirmi in modo... completo."
Hank annuì.
"O forse Kamski è solo un maniaco della perfezione e ha deciso di inserire più protocolli possibili in quel cervello di latta e circuiti a dir poco perfetto. Chissà, prima o poi troverò qualcosa che non sai fare," ridacchiò, buttandosi sulla sedia lì vicino. "E ne sarò felice, perché non posso sopportare che tu faccia tutto questo per me in ogni momento della tua giornata."
L'androide finì di preparare il pasto e lo servì ad Hank.
"Non mi sembra ci sia qualcosa di male nel volermi prendere cura di te," disse, chinandosi verso di lui per porgergli il piatto. Hank si ritrovò il viso dell'altro improvvisamente vicino al proprio e la cosa lo mise più a disagio di quanto, razionalmente, non avrebbe dovuto.
"No..." mormorò, ritornando a respirare e inalando il buon odore che proveniva dalle verdure. In effetti non sembravano per niente male, per essere solo verdure.
"E poi se proprio non vuoi che io continui a prendermi cura di te facendo questo, almeno fammi tornare ad investigare!" disse, guardandolo con fare implorante, "lo so che legittimamente non posso, ma che importa? Voglio aiutarti! E' bello stare a casa tutto il giorno con Sumo a fare ricerche sulla CyberLife per Markus, ma... sono sicuro che sul campo potrei scoprire qualcosa di più."
Hank lo guardò storto per qualche minuto, ma poi la sua espressione cambiò. In effetti, forse alcuni dei casi sarebbero potuti essere davvero utili agli scopi di Connor, visto che molti riguardavano androidi.
E per essere precisi, due nello stesso giorno, sembravano trattare la sparizione misteriosa di androidi perfettamente sani e con buoni rapporti con i propri padroni.
"Ci devo pensare," rispose Hank, addentando il suo pranzo. Era decisamente troppo buono per essere vero.
Dannato androide.
"Dì la verità, lo hai leccato prima di servirmelo, mh? Sennò non riesco a spiegarmi come possa essere così dannatamente delizioso!"
Connor provò ad abbozzare un sorrisetto soddisfatto, "ammetto di aver usato i sensori sulla mia lingua, ma ho comunque un software in grado di rilevare il livello di bontà di un piatto."
"Hanno pensato davvero a tutto..."
"Lo hanno fatto. Per questo continuo a pensare che non possono essersi fatti sfuggire il controllo degli androidi così. E per quqesto ti sto chiedendo se posso venire con te e seguire le indagini," aggiunse, sedendosi al suo fianco e fissandolo intensità.
"Ci penserò, davvero. Voglio soltanto, sai... non mi va che Jeffrey mi rompa le palle per questa situazione, voglio essere sicuro che nessuno ci sarà d'intralcio. Sarò ovviamente contento di averti di nuovo al mio fianco, ma non voglio rotture, ok?"
Connor annuì.
"Ricevuto."
"E ora preparami un caffè bello forte, più tardi devo seguire un altro caso sulla sparizione di un androide. Il secondo, oggi."
Connor inserì la capsula nella macchinetta.
"Strano. Circostanze del primo?"
"Nessuna informazione rilevante. Viveva con una donna, credo... credo che fossero innamorate? L'androide è andata a prendere il latte ad uno store aperto ventiquattro ore e non è più tornata," rispose, guardando Connor, "non ci sono particolari sospettati, né ci sono persone che sembravano poter aver preso di mira la donna."
"Mh..."
"Non credo che l'androide sia fuggita, come dicevo, sembravano molto legate."
Connor servì il caffè ad Hank e quest'ultimo poté notare la scintilla di interesse nei suoi occhi. Doveva davvero mancargli investigare.
"Sembra interessante," asserì, per poi sedersi in modo composto e fare le coccole a Sumo. Il cane si era avvicinato a loro e aveva cominciato a strusciarsi alle gambe di Connor.
"So che vorresti venire oggi pomeriggio, ma intanto cerca di badare a lui. Senz'altro almeno uno dei due può godere della tua compagnia," scherzò Hank, cercando di essere un po' più tenero.
In quel periodo stava davvero provando ad essere meno burbero con Connor, cercando anche di apprezzare i suoi sforzi nel prendersi cura di lui. Era ancora insolito, ma ovviamente gradito.
"Ah, comunque la CyberLife oggi rilascerà, o forse ha già rilasciato, un upgrade per alcuni androidi, per la maggior parte, per essere precisi. E se non vado errato ha a che fare con il tentativo di sistemare alcuni bug dati dalla devianza. Credi che possa aiutarti in qualche modo?"
Hank tornò serio.
"Forse. Che tipo di bug dovrebbe sistemare?"
Connor fece le spallucce, "suppongo che siano tentativi di rimediare agli istinti omicidi dimostrati da alcuni androidi che si ribellavano agli abusi dei padroni. In verità sono abbastanza sicuro che non sia tutto qui, per questo sto continuando ad indagare sulla faccenda."
"Dovrai fare anche tu questo aggiornamento?" chiese Hank, improvvisamente un po' preoccupato.
"Credo di sì, dovrebbe essere automatico. Per quanto la CyberLife abbia slegato ogni contratto lavorativo e di impegno con me, rimango comunque costruito da loro e registrato nei database..."
"Beh, tecnicamente sei tu che hai rotto con loro. Avrebbe senso disattivarti o cercare di farti diventare obsoleto, no?"
"Corretto. Ma credo che i loro scopi siano ben altri e io non ho idea di cosa fare per impedir loro di intervenire ancora sul mio software," spiegò, facendo le spallucce. "Qualunque cosa succeda, sono certo che la risolveremo. Non credo, in ogni caso, che sia qualcosa di apertamente dannoso. Non gli conviene, non trovi?"
"No, certo che no," rispose Hank, poco convinto.
La verità era che da quelli della CyberLife si aspettava di tutto, avevano pur sempre creato un androide destinato ad uccidere altri androidi e avevano taciuto per tutto il periodo della rivoluzione. Non ci si poteva fidare. E tutto ciò sembrava un ossimoro, dal momento che però si fidava ciecamente di una loro creazione.
Connor, in fondo, era molto più che un ammasso di ferraglia creato da un'azienda e da uno con decisamente troppo potere e quoziente intellettivo - e con ancor più manie di grandezza.
Si chiese se non ci fosse qualcosa che ancora, dopo tutti quei mesi, non avevano ancora colto. E sicuramente c'era, doveva davvero capire di cosa si trattasse, per il bene di tutti e per quello di Connor.
***
Quando Hank rientrò quella sera, trovò Connor insolitamente in stasi. Era seduto sul divano come al suo solito, il led lampeggiava di giallo e si era messo composto, con le mani in grembo e la tv accesa.
I suoi occhi erano chiusi e l'espressione serena.
Guardò sul tavolo, c'era un fogliettino che recitava un "sto eseguando l'aggiornamento. Non preoccuparti, sarò in stasi solo per qualche ora - Connor". Hank appoggiò le chiavi lì vicino e osservò la calligrafia perfetta, praticamente quella di un computer.
Non poteva far a meno di preoccuparsi, almeno un po', per ciò che stava succedendo a Connor. Se l'aggiornamento richiedeva la stasi per essere eseguito, da ciò che aveva imparato in quei mesi, non poteva essere qualcosa di semplice.
E se lo avesse riportato alle impostazioni di fabbrica?
Hank scosse la testa.
Che sciocchezze. Aveva decisamente bisogno di riposare. Un'azione del genere avrebbe senz'altro generato caos e anche un'altra rivoluzione, per alcuni androidi. Sarebbe stato un togliere la devianza e ormai, almeno in teoria, non era più un'azione legale.
Cercò di tranquillizzarsi. Prese una birra e si sedette al suo fianco, pensando che quando si sarebbe risvegliato, forse gli avrebbe fatto piacere trovarlo lì.
Connor si svegliò a notte fonda. Aprì gli occhi sbattendo le palpebre un paio di volte e sentendole insolitamente pesanti. Si guardò intorno. Sumo riposava sereno ai suoi piedi e vicino a lui Hank era crollato sul bracciolo del divano, con le braccia sotto la testa e la bocca semi aperta. Sorrise, accarezzandolo istintivamente.
Apprezzava le piccole premure che Hank cercava di rivolgergli. Non erano molte e non gliene faceva una colpa, sapeva perfettamente quanto, alcune volte, potessero costargli fatica. Per uno come lui non doveva essere facile tornare a prendersi cura del prossimo, ma al tempo stesso era sicuro che non avesse mai smesso di farlo, nemmeno sul lavoro, quando cercava di proteggere i suoi colleghi e, talvolta, anche lui.
Apparentemente non c'era niente di nuovo nel suo software: nessun aggiornamento che potesse fargli pensare che fosse cambiato qualcosa di fondamentale, eppure nell'insieme si sentiva... diverso. Non avrebbe saputo spiegare come, ma qualcosa, nel retro della propria mente, sembrava sibilare.
Scacciò quel pensiero, forse era semplicemente stato suggestionato da ciò che aveva insinuato Hank e dalle proprie preoccupazioni nei confronti della CyberLife - preoccupazione, comunque, che sarebbe continuata a persistere a prescindere da quanto provasse a scacciarla.
Connor decise di passare lì il resto della notte, rimanendo al fianco di Hank. Più passava il tempo, più sentiva il bisogno di stargli vicino. Tirò su una coperta per coprirlo e lo aiutò a distendere le gambe, mentre mugugnava con disappunto. Lui si prese una sedia e si avvicinò il più possibile, mentre entrava di nuovo in stasi.
***
L'indomani, Hank fu il primo ad aprire gli occhi. Spostò lentamente la coperta e si passò una mano sugli occhi. Connor era al suo fianco, seduto su una sedia e con la testa leggermente reclinata in avanti. Doveva essersi svegliato la nottte prima, dal momento che lo aveva sistemato e si era messo lì. Immaginò l'androide addormentarsi mentre lo osservava e questo, per quanto potesse essere in parte piuttosto ansiogeno, lo rese un po' felice. Significava che Connor stava bene dopo l'aggiornamento e che non c'era niente di cui preoccuparsi - o almeno, così voleva sperare.
Non appena sentì dei rumori, Connor si svegliò dalla stasi e trovò Hank in cucina intento a prepararsi una tazza di latte e un po' di caffè.
"Stai bene, quindi," esordì, versandosi il tutto in una tazza.
"Sì, l'aggiornamento sembra essere davvero innocuo," rispose Connor, lucido.
"Forse siamo davvero troppo prevenuti," Hank provò a rivolgergli un mezzo sorriso incerto e Connor annuì.
"Forse."
Ci fu qualche secondo di silenzio, dove nessuno dei due sapeva esattamente cosa dire. Hank avrebbe voluto ringraziare Connor e dirgli che era felice di vederlo e che stesse bene, Connor invece avrebbe voluto semplicemente dirgli grazie perché si preoccupava sempre per lui e, fino a prima di conoscere Hank e approfondire un rapporto con lui, non aveva mai conosciuto il calore di chi ti voleva bene.
Hank si avvicinò e gli diede una pacca affettuosa sulla spalla, rivolgendogli un sorriso timido ma sincero, e andò a sedersi. Il sangue nel petto di Connor cominciò a pompare più forte e velocemente.
Il tocco di Hank gli provocava sempre una sensazione alla quale non sapeva dare un nome. Era qualcosa di viscerale, se poteva essere il termine adatto, qualcosa che partiva da dentro e che lo faceva tremare, era come se ne avesse sempre avuto bisogno senza saperlo. Fino a quel momento, tutte le volte che aveva provato del contatto fisico con gli umani era stato per dei combattimenti o inseguimenti, ma con Hank era disinteressato, positivo. Per ciò che aveva avuto modo di studiare, gli umani utilizzavano il linguaggio del corpo e il contatto per comunicare emozioni, che fossero positive o negative. Nel suo caso, tutto ciò sembrava potersi racchiudere nella parola "affetto", ma non poteva di certo esserne sicuro al cento per cento.
"Oggi posso venire con te?" domandò Connor, guardandolo. Hank scosse la testa, "mh, non ancora. Anzi, oggi preferirei che tu stessi qui al sicuro, così da non rischiare che il tuo aggiornamento ci riservi qualche brutta sorpresa in giornata."
"Ma sto bene, davvero."
"Sì, lo vedo che stai bene, però..." Hank alzò lo sguardo verso di lui, comunque preoccupato. Sapeva benissimo che non aveva alcun senso quella preoccupazione, ma non poteva far a meno di avere un brutto presentimento, "per una volta, semplicemente, fai ciò che ti dico. Okay?"
Connor annuì, mesto.
"Okay."
"Sarò di ritorno stasera," Hank si infilò il cappotto e guardò sia Sumo che Connor, salutando il cane con delle coccole prima di uscire e dando un colpetto sul braccio di Connor in modo affettuoso. Quella era la sua nuova famiglia, strana, ma alla fine era sicuramente ciò che si poteva avvicinare di più ad esserlo.
"Fate i bravi, okay?"
"Certo," Connor lo salutò e chiuse la porta di casa, prendendo il collare per Sumo. Notò che nelle dispense c'era poco cibo, quindi per quel giorno avrebbe potuto fare un po' di spesa, portare fuori il cane e poi tornare a casa per cercare di portare avanti le ricerche concordate con Markus.
Una parte di sé era realmente stupita per la questione dell'aggiornamento. Non riusciva a capire quale bug fosse stato sistemato e suppose che forse dovesse agire su chi lo aveva manifestato, però era strano, perché, da ciò che aveva avuto modo di capire informandosi, doveva essere utile a tutti i devianti.
Magari l'avrebbe scoperto con il passare del tempo, ma comprendeva i timori di Hank, sebbene non volesse totalmente ammetterlo.
Pensare spesso ad Hank era qualcosa che rendeva Connor felice. Gli scaldava il cuore e lo faceva sentire bene, come non si era mai sentito prima. Era una sorta di sensazione confortevole che lo faceva sentire al sicuro. Come la mano che l'aveva sfiorato prima, come ogni tocco che gli rivolgeva. Ogni genere di contatto per Connor diventava qualcosa di prezioso, che doveva conservare gelosamente.
Non sapeva dare un nome preciso a ciò che provava nei confronti di Hank, anche perché per lui i sentimenti erano qualcosa di sconosciuto. Non voleva mai privarsi della sua presenza e ne sentiva la mancanza quando andava via.
Lo voleva con sé, voleva sentire i suoi abbracci e aveva scoperto di avere davvero un debole per il contatto fisico.
La pompa presente al centro del suo stomaco cominciò a filtrare il thirium sempre più velocemente. Si portò una mano sull’addome e premette, sentendosi sempre più accaldato al pensiero di Hank che lo stringeva a sé. C’era qualcosa di confortante nel calore umano pressato sopra la propria pelle sintetica da androide. Ogni volta che lo abbracciava, poteva sentire il suo respiro caldo sul collo, poteva sentire quanto Hank, a tutti gli effetti, fosse vivo.
Si lasciò coccolare per qualche minuto da quel pensiero, dopo di che andò effettivamente a fare la spesa.
***
Passò una settimana dal giorno in cui Connor eseguì il suo aggiornamento e non vi era niente di strano in lui. Hank sarebbe quasi potuto essere felice di constatare il suo errore, se non per una cosa: Connor continuava a dimenticarsi le cose che gli chiedeva.
Poteva sembrare una sciocchezza da niente, ma Hank si ritrovava sempre ad essere piuttosto turbato dalle dimenticanze di Connor, che fino a quel momento si era rivelato un orologio svizzero e al tempo stesso una dannata agenda vivente.
Si dimenticava appuntamenti o cose banali, come comprare qualche accessorio al supermercato, tuttavia erano comunque segnali insoliti per uno come lui.
Si pensò semplicemente suggestionato dai casi che stava seguendo: la maggior parte riguardavano androidi dispersi a causa di improvvise amnesie, e Hank cominciò a chiedersi se non fosse proprio colpa dell’aggiornamento eseguito dalla CyberLife.
Alcuni degli androidi dispersi erano stati ritrovati nei borghi della città a vagare senza meta, altri erano morti o gravemente feriti, perlopiù picchiati da umani non tolleranti.
Del resto, Hank non poteva certo pretendere che l’umanità avrebbe accettato velocemente una nuova nuova razza o che avesse smesso di essere stronza e intollerante verso il prossimo.
Erano a pranzo quando finalmente, Hank decise di annunciare a Connor la lieta notizia.
“Puoi tornare a lavorare con me, se ti va,” cominciò, “ho parlato con Jeffrey, non è stato così entusiasta come avremmo voluto all’idea che tu tornassi ad indagare con me, ma neanche riluttante. Ovviamente non è una cosa ufficiale, però puoi seguirmi sui casi e cercare di darmi una mano. Sono sicuro che il tuo… beh, la tua dote investigativa potrebbe farmi davvero comodo.”
Connor si illuminò, saltando quasi sulla sedia.
“Non aspettavo altro,” rispose, entusiasta.
“Mi dispiace per Markus, ma temo che parteciperai molto meno alle sue riunioni,” rispose Hank, con un sorrisetto. In fondo non ne era affatto dispiaciuto e sapeva che anche Connor a sua volta, avrebbe di gran lunga preferito eseguire le indagini al suo fianco piuttosto che andare da Markus.
“Non credo che mi dispiaccia così tanto,” rispose Connor. Per quanto adorasse proseguire le indagini sulla CyberLife facendo riunioni con il resto della comunità di Jericho e con Markus, preferiva di gran lunga stare sul campo. Era certo che indagare sugli androidi scomparsi gli avrebbe fornito una pista assai più valida che cercare di sgominare piani senza avere realmente del materiale al quale poter fare riferimento.
Inoltre, le notizie di androidi ritrovati dopo giorni a vagare senza meta, aumentavano di giorno in giorno, e proprio da quando era uscito l’ultimo aggiornamento per il loro software.
Connor non era sicuro che fosse qualcosa di legato a quello; aveva eseguito delle autodiagnostiche ma nessuna di queste era risultata positiva per qualche genere di bug o difetto.
Non riusciva a comprendere quale fosse l'origine di quelle amnesie e voleva provare ad interrogare qualche androide che ne fosse stato affetto proprio per riuscire a trovare una spiegazione razionale.
***
"Ciò che sembrano avere in comune tutti gli androidi scomparsi è un forte legame con l'umano che li possedeva," esordì Connor, chinandosi sul cadavere di un androide. Era stato ritrovato dopo quattro giorni in un vicolo. Qualcuno gli aveva strappato la pompa del thirium dall'addome e lo aveva lasciato morire così. Forse un gesto di gelosia, o forse più semplicemente, un atto di bullismo e razzismo. Connor valutò la riattivazione, ma sembrava impossibile. Non aveva modo di reperire un pezzo mancante e non sapeva dove trovarlo. Era un androide piuttosto vecchio, fuori produzione e il padrone pareva vi fosse parecchio affezionato. Si chiese se i suoi ricordi non potessero essere comunque salvati e trasferiti in un nuovo corpo.
"Non c'è speranza?" chiese il padrone dell'androide, singhiozzando. Era venuto lì non appena lo avevano chiamato. Non era deceduto distante da casa, e questo era un altro dei fondamentali problemi di tutto quel caso: perché mai non era tornato a casa? In fondo era stato disattivato solo ventiquattro ore prima. Dove era stato tutti i giorni precedenti? A giudicare dalla reazione del padrone non sembrava esserci una buona ragione per stare lontani da casa per così tanto tempo o voler fuggire.
"L'unica cosa che possiamo provare a fare è trasferire la sua memoria dentro un nuovo corpo," Connor si mise le mani in tasca e guardò l'uomo, "ma non è detto che il passaggio riesca senza alcun rischio. E' possibile che così facendo perda parte dei suoi ricordi e, probabilmente, gran parte della memoria sensibile."
"Memoria sensibile?"
Connor annuì.
"Tutto ciò che fa parte dei sentimenti e che non è relativo a ciò che può ricordare in modo, diciamo così, tecnico."
Sebbene non fosse ancora un campione nel comprendere le emozioni umane, Connor poté notare un cipiglio di disperazione sul volto dell'uomo.
"Capisco..."
"Vuole fare comunque un tentativo?"
L'uomo guardò l'androide riverso a terra e sporco del suo stesso sangue. Si morse il labbro inferiore, mentre le lacrime continuavano a solcare di tanto in tanto le sue guance.
Hank rivolse uno sguardo impietosito a Connor e ci fu un momento di tensione tra i due, come se potessero comprendere perfettamente cosa stesse provando il loro cliente.
"Voi che fareste?" chiese poi, interrompendo il silenzio.
Connor guardò Hank, incapace di rispondere.
"Voi che fareste se uno dei due morisse? Non provereste a salvarlo ad ogni costo?"
Lo guardo azzurro di Hank sembrò quasi trapassare Connor, il quale si sentì spogliato da ogni barriera. Neanche il suo essere androide poteva bastare per schermare quel bisogno di sentirgli rispondere "sì".
Hank dal canto suo rimase in silenzio per qualche minuto e poi, con un sospiro, rispose con un "sì" piuttosto convinto.
Certo che avrebbe fatto di tutto per Connor. Di tutto e forse anche di più. E in fondo, entrambi, lo avevano già dimostrato l'uno all'altro in diverse occasioni.
"Allora vale la pena tentare," disse l'uomo, chinandosi sul cadavere dell'androide. Non poteva toccarlo, ma si poteva vedere quanto avrebbe voluto abbracciarlo e stringerlo a sé.
Quella scena fece male più del previsto al cuore di Connor e Hank, ma nessuno dei due si permise di aggiungere niente.
Rimasero a guardarlo in silenzio, mentre il cielo cominciò a scurirsi.
***
Quando salirono in macchina, la tensione tra loro divenne palpabile.
Hank guardò Connor un paio di volte prima di accendere il motore, ma nessuno dei due proferì parola.
Erano abbastanza scossi da ciò che avevano appena visto, sebbene fosse uno dei tanti casi che avevano affrontato assieme.
Forse Hank si aspettava che Connor dicesse qualcosa e forse al contrario, Connor si aspettava che Hank dicesse qualcosa, ma proprio per questo nessuno dei due prese l'iniziativa per provare a instaurare un dialogo su ciò che era appena successo.
Hank si era appena messo a paragone con quell'uomo; avrebbe fatto di tutto, davvero di tutto, per salvare Connor.
Quell'uomo che, probabilmente, era innamorato del suo androide.
Avevano molto di cui discutere, sicuramente, ma la cosa peggiore era che non lo stavano facendo.
Hank grugnì, infastidito e picchiò una mano sul volante.
"E così non dici niente?"
Connor continuò a guardare di fronte a sé.
"Cosa?"
"Ho appena ammesso che per te farei tutto e... non dici niente."
L'androide socchiuse le labbra, serrando le mani sulle proprie ginocchia, rimanendo nella sua solita compostissima posa.
"Hai ragione, è solo che... non so cosa dire? Credo che sia sbagliato, che non dovresti sacrificare la tua vita per la mia, non ne vale la pena." rispose Connor, stringendosi nelle spalle e accarezzandosi l'avambraccio. Un gesto fin troppo umano.
"Non dire cazzate, Connor. Sono io a decidere cosa vale la pena e cosa no, e ora come ora non potrei mai permettermi di perderti," disse, serio.
Ed era vero, perché se avesse perso anche lui, Hank non avrebbe avuto più la forza di rimettersi in piedi, e Dio sa solo quanta gliene era servita per riuscirci ancora. Certo, continuava a barcollare miseramente, ma almeno aveva smesso di toccare la pistola con l'intento di suicidarsi da un po'.
Connor abbassò lo sguardo, lasciandosi scappare un sorriso spontaneo.
"Suppongo che, allora, dovrei semplicemente rispondere con un grazie, Hank?"
Il tenente sorrise.
"Suppongo che possa essere un buon punto d'inizio, sì. Stai facendo passi avanti, come deviante," ridacchiò, soddisfatto. Se c'era qualcosa di piacevole nel loro rapporto, era come entrambi si stessero insegnando qualcosa.
Se da un lato, Hank stava insegnando a Connor come controllare la propria devianza e qualcosa sulle emozioni umane, Connor stava facendo comprendere ad Hank quanto la sua vita fosse importante.
Si sentiva felice con lui e non avrebbe mai e poi mai voluto far a meno della sua presenza, anche se a volte avrebbe voluto prenderlo a testate o si sentiva sconfitto dalla sua conoscenza su ogni fottutissima cosa.
"Ho un buon insegnante, dopotutto, non credi?"
Hank avrebbe voluto ribattere, perché no, assolutamente, non era un buon insegnante. Era la persona più incasinata che si potesse avere al proprio fianco per ciò che riguardava le emozioni, era veramente il casino umano per eccellenza, tuttavia non disse niente e decise di incassare quel complimento - o almeno, lui lo riteneva tale.
"Punti di vista. Ho fame, ti dispiace se facciamo una pausa?"
Connor lo guardò e Hank sapeva che avrebbe voluto rimproverarlo perché sì, nella sua pausa c'era incluso un doppio cheeseburger e una bella birra, tuttavia non lo fece. Non quella volta.
"Direi che per una volta possiamo fare uno strappo alla tua dieta," disse, guardando davanti a sé.
"Sai, a volte mi chiedo se ti sembro troppo grasso e vuoi farmi dimagrire o se semplicemente ti preoccupi della mia salute."
L'androide si girò verso di lui e inclinò la testa, curioso.
"Perché mai dovrei ritenerti grasso?" chiese, "onestamente, sono solo preoccupato per la sua salute. Se facessi delle analisi del sangue e scoprissi i tuoi attuali valori sono sicuro che saresti d'accordo con me," rispose, con semplicità.
"Mh, non credo di averne voglia."
"Però dovresti."
"Oh, andiamo, se lo sai tu potresti dirmelo, no?"
Connor scosse la testa.
"Non ho dati precisi. Dovrei campionare il tuo sangue e non credo tu ti voglia tagliare appositamente per questo e poi farti leccare da me," spiegò, sempre con fare analitico.
Hank per poco non inchiodò in mezzo alla strada.
Per qualche inspiegabile, ma forse non troppo inspiegabile, motivo, l'idea di Connor che leccava via del sangue da lui - magari dal suo dito, almeno per come se lo era immaginato, - causava in lui strane reazioni. A partire da un afflusso di sangue decisamente anomalo verso il basso ventre fino alle palpitazioni.
Che cazzo gli stava succedendo?
Era Connor. Connor, il suo parthner in crime, lo stesso androide di latta che lo seguiva ovunque e che lo stressava a volte e che si prendeva cura di lui fino allo sfinimento. Era Connor, forse anche l'unico che aveva dimostrato di apprezzarlo veramente per ciò che era negli ultimi mesi.
Lui, che si sentiva così sgradevole e ormai per niente attraente.
"No," rispose, finalmente, dopo che Connor doveva averlo chiamato almeno un paio di volte a giudicare dalla sua espressione confusa. "Certo che no. Non metterai il mio sangue sulla tua dannatissima lingua," gracchiò, tossicchiando mentre cercava di far svanire via immagini inappropriate dalla propria mente. Si vergognava anche solo di aver remotamente pensato qualcosa che non fosse innocuo e di averlo relazionato a Connor.
"Ti vedo in soggezione, è tutto okay?" chiese, avvicinandosi un poco. Di certo quando faceva così non aiutava. A volte aveva l'impressione di non potergli nascondere niente, come se fosse in grado di leggere i suoi pensieri.
"Sì, certo. Voglio solo il mio dannato panino e umh, non voglio sentirmi in colpa mentre lo mangio quindi ti prego, riservati i tuoi sguardi giudiziosi per un'altra volta, okay?"
Connor annuì.
"Okay."
Non appena arrivarono di fronte al suo paninaro di fidicia, Hank tirò un bel sospiro di sollievo. Aveva davvero bisogno di un po' di cibo spazzatura per dimenticare tutta la merda triste che aveva visto in quella giornata - e settimana.
"E comunque, per quanto mi riguarda, io credo che tu sia un uomo intrigante," la voce di Connor spezzò il silenzio e la sua frase fu parzialmente coperta dal rumore della portiera della macchina che si chiudeva.
Per poco Hank non si strozzò con la sua stessa saliva.
"Asp- Cosa... cosa?!" esclamò, "cosa ti salta in mente? Cioè, grazie, credo? Io..."
Erano passati secoli dall'ultima volta in cui aveva ricevuto un complimento disinteressato e se cominciava a fare due più due, la sua testa non avrebbe smesso di fermarsi e non sarebbe più stato capace di mettersi un freno. Perché Connor doveva uscirsene con una frase simile proprio dopo la loro chiacchierata in macchina?
Si sentiva tremendamente a disagio.
"Mi dispiace averti messo in imbarazzo," rispose Connor, notando probabilmente la sua espressione o chissà, magari era diventato rosso in faccia. Non poteva saperlo ma si sentiva andare a fuoco come il peggiore dei quindicenni alla prima cotta.
"Sì, umh, non fa niente..." borbottò.
E comunque, non era cotto di Connor, ovviamente. Era solo un paragone.
Eppure come avrebbe potuto spiegare le sensazioni che provava verso di lui e ciò che aveva detto poco prima?
Il bisogno di proteggerlo, l'idea di sacrificarsi per lui, il sentimento che aveva sentito crescere nel proprio petto all'idea che altri umani e androidi, durante i casi che aveva avuto modo di incontrare sul suo cammino, si erano innamorati lungo quei mesi.
Hank sapeva la risposta a tutte le sue domande, come sapeva che nessuno, da un po' di anni a quella parte, gli aveva fatto più provare il tepore che ora sentiva ogni volta che tornava a casa, dove non c'erano soltanto quattro fredde mura ad accoglierlo, ma il suo adorato cane e una persona - perché sì, in fondo Connor era una persona - che lo amava, a suo modo.
L'amore di certo era un sentimento declinabile in molti modi, per questo Hank non voleva farsi troppe fantasie strane. Non avrebbe avuto senso rovinare il loro rapporto ed era piuttosto certo che le affermazioni di Connor fossero fatte in totale buona fede e ingenuità.
Quando arrivò di fronte al chiosco, tutte le sue preoccupazioni svanirono grazie al fantastico odore emanato dallo stesso. Patatine fritte, carne, tutto ciò che c'era di più grasso al mondo, lì trovava il suo paradiso. Era una sosta abituale per Hank, molto più abituale prima di conoscere Connor, ma comunque il posto dove era certo di poter tornare quando ne aveva bisogno. Ormai non doveva nemmeno più specificare che cosa volesse, il suo amico sapeva già che cosa fare.
Si ritrovò il menù tra le mani e inspirò l'odore - ottimo - del panino, sorridendo beatamente.
"A volte vorrei che tu fossi umano anche solo per fartelo assaggiare," esordì Hank, sistemandosi al solito tavolo lì vicino.
"Sono davvero così buoni quei panini?"
"Cazzo! Ci puoi scommettere. I migliori di sempre. Mi chiedo cosa diamine stia aspettando la CyberLife per rimediare questa mancanza... capisco che si tratta di una questione economica per chi possiede ancora un androide quindi non dico di farvi avere fame, ma almeno la possibilità di scegliere se mangiare o meno..."
Connor si appoggiò al tavolo e ci pensò su.
"Hai ragione. Non credo, comunque, che sia nelle priorità della CyberLife, piuttosto penso che ora come ora voglia insabbiare qualcosa."
"Hai dei sospetti?" domandò Hank, addentando poi il suo panino con fin troppa gioia.
"Qualcuno. Niente di sensato. E' che... ci sono cose che non riesco a cogliere. Ogni volta che sento di avere una buona intuizione, questa mi sfugge, capisci?"
Il tenente abbozzò un sorriso.
"Non starai diventando troppo umano, umh?"
Connor non rispose, limitandosi ad abbassare lo sguardo. Per qualche istante, Hank notò sfuggire via qualcosa dal suo sguardo, come se qualcosa fosse cambiato velocemente.
"Quindi, che ne pensi del caso di oggi?" chiese Hank. "Strane, queste amnesie, non trovi?"
"Sì, strane," Connor rispose con aria assente. Il suo led lampeggiava di rosso. Hank se ne accorse subito; appoggiò il panino e si avvicinò ulteriormente a lui, toccandogli una spalla.
"Connor? Tutto okay?" la sua voce doveva aver risvegliato qualcosa, perché il led poi divenne giallo e infine tornò ad essere blu.
L'androide sbatté le palpebre un paio di volte, un gesto che Hank gli aveva visto fare diverse volte, in passato. Solitamente significava un rapporto alla CyberLife, ma non poteva essere quello il caso.
"Scusami, non so cosa sia successo," si passò una mano sulla fronte. "Io... mi sono sentito confuso, come se non riuscissi a capire e... di cosa stavamo parlando?"
"Del caso," rispose Hank, analizzandolo. "Hai bisogno di sederti?"
"No Hank, ti ringrazio. Ti ricordo che sono un androide, io..." Connor si bloccò, "non ne ho bisogno, ma grazie, davvero."
"Umh, okay," l'uomo tornò ad addentare il suo panino, con aria poco convinta.
E se anche Connor avesse cominciato a dimenticarsi le cose? E se quelle fossero le prime avvisaglie?
Però nessuno dei suoi clienti aveva parlato di sintomi preventivi, quindi forse non c'era davvero da preoccuparsi. Certo, non poteva esserne totalmente sicuro. Avrebbe solo voluto capire cosa ci fosse di strano in Connor e come poterlo scoprire senza dover passare per forza dalle mani della CyberLife.
Fandom: Detroit: Become Human
Pairing/Personaggi: Hank Anderson, Connor
Prompt: dimenticare/dimenticarsi
Rating: Safe (per ora)
Avvertimenti: post finale buono... quindi boh? vaghi spoilers?
Genere: angst accennato (per ora)
Note: In questa prima parte Hank e Connor non hanno una relazione amorosa, ma ci sono le basi affinché questo accada.
SuperImportante: La fanfiction NON è né betata, né riletta. Lo farò, perché voglio continuarla e dargli una dignità, però siete avvertiti/e, ecco. Potrebbero esserci diverse sviste/erroracci.
Wordcount: 8207 (landedifandom)
Ulteriori note: fic scritta per il nono cow-t per la squadra Eva Lirica.
Il titolo viene dalla canzone di Mikky Ekko "Who Are You", che per me è tipo la canzone Hankcon per eccellenza.
"Chi sei?"
Quelle parole ferirono Hank più di una coltellata in petto. Il fiato gli mancò e non riusciva nemmeno più a guardare Connor negli occhi senza sentirsi male.
Il suo peggiore incubo si era avverato e lui non poteva farci niente.
*
Detroit - Gennaio 2039
Faceva un freddo cane, fin troppo per essere umano, e Hank si era stretto nel cappotto con le mani dentro le tasche per cercare di andare a fare la spesa. Odiava i supermercati, la luce fredda e gli scaffali ricolmi di cose che però, puntualmente, non ti fornivano mai ciò di cui avevi davvero bisogno.
Si guardò intorno, chiedendosi come mai, a distanza di un mese, ancora non vi fosse un reparto alimentare - o roba del genere - per gli androidi. Gli sarebbe piaciuto comprare qualcosa per Connor, condividere con lui un pasto.
Per il momento, l'unica soluzione che aveva trovato, era quella brodaglia blu che poteva fargli bere, ed era un po' come condividere una birra con un amico, anche se questo amico era fatto di circuiti, cavi e un bel po' di ansia e fastidio, in alcuni momenti.
Tuttavia, sempre a distanza di due mesi, Hank doveva ammettere a se stesso che vivere con Connor aveva decisamente cambiato il suo modo di vedere le cose, in tutti i sensi.
Prima di tutto, poteva finalmente godersi un po' di compagnia e, in secondo luogo, non si sentiva più solo. Sembrava poco, ma per lui era un gran bel traguardo; come di fatti lo era toccare l'alcol almeno la metà delle volte rispetto a prima - si limitava, infatti, a bere giusto qualche bottiglia di birra e decisamente molti meno super alcolici.
Non che Connor fosse sempre il massimo della compagnia o il migliore amico che si potesse avere accanto, ma sembrava già un bel progresso anche solo il fatto che fosse sempre lì a preoccuparsi per lui. Anche insolito, in effetti. Nonostante fossero mesi che lavoravano gianco e fianco, ancora non era abituato all'idea di avere qualcuno che si preoccupava davvero per lui e per la sua salute.
A volte era davvero fastidioso.
Si metteva lì, con la sua aria saccente e scannerizzava ogni dannata caloria del cibo che provava a mangiare. Forse, se solo avesse avuto il coraggio di pesarsi, avrebbe anche scoperto di essere dimagrito. E non sarebbe stato così strano, considerando che ogni volta che era Connor a fare la spesa, sceglieva tutti i prodotti più dietetici che riusciva a trovare.
Alcune sere spendeva una serie interminabile di ore su internet a cercare ricette da potergli cucinare in modo "light", e se da un lato Hank gliene era grato anche solo perché, in quel modo, qualcuno lo spingeva davvero a prendersi cura di se stesso, altre volte avrebbe semplicemente voluto prendersi un dannato doppio cheeseburger con salse e chissà quanta altra roba dentro.
Gli mancavano anche le patatine fritte, sebbene non fosse un grande estimatore di quel genere di schifezze.
Prese dallo scaffale una busta di insalata e la buttò nel cestello.
Quel dannato androide aveva cambiato il suo modo di vedere e vivere le cose in modo radicale e in fondo, anche se avrebbe sempre fatto fatica ad ammetterlo, ne era felice. Aveva davvero bisogno di lui, molto più di quanto non sarebbe mai riuscito ad ammettere.
Quando arrivò a casa, appoggiò la spesa sul tavolo e Sumo arrivò immediatamente alle sue gambe alla ricerca di cibo. Da quando Connor viveva con loro, era lui a prendersi principalmente cura dell'animale domestico, tuttavia c'erano periodi in cui Connor doveva assentarsi per andare da Markus, il quale aveva deciso di prenderlo sotto la propria ala come co-capitano della rivoluzione. Certo, ormai era giunta al termine, ma da un punto di vista puramente burocratico la strada per i diritti degli androidi sembrava essere ancora molto lunga.
Così, due volte a settimana, gli androidi supersititi della rivoluzione si riunivano e cercavano di cominciare a stilare nuovi regolamenti interni e leggi da proporre per cominciare ad avere davvero dei diritti, visto che il Governo americano se la stava prendendo più comoda del previsto.
L'incarico principale era stato dato a Markus, naturalmente, il quale lo aveva accettato assolutamente di buon grado. Il suo essere leader lo aveva portato ad essere protagonista di situazioni estreme, ma non aveva mai perso il controllo di fronte a niente e nessuno più di lui sarebbe mai stato adeguato per quell'incarico.
Di tanto in tanto, però, richiedeva anche la presenza di Connor, che con il suo occhio analitico e il suo atteggiamento sempre posato sembrava davvero essere un buon braccio destro, assieme a North, Simon e Josh.
Hank era fiero di Connor e contento per lui, anche se Connor stesso sembrava non essere sempre pienamente entusiasta della sua posizione. Sembrava quasi che all'androide non interessasse essere coinvolto in quel processo e che preferisse, piuttosto, vivere la propria vita con Hank in modo più tranquillo.
Hank infilò il guinzaglio a Sumo e lo portò fuori per fare i suoi bisogni. Fu in quel momento che i fari di una macchina illuminarono il buio e dalla porta del taxi sbucò Connor, vestito in modo preciso ed elegante come al suo solito.
Accennò un sorriso, dirigendosi verso di lui.
"Guarda chi è tornato in patria," ridacchiò Hank, mentre Sumo lo tirava verso di lui, "giornata dura?"
Connor inclinò appena la testa, "non particolarmente, ma non ci sono molte cose da raccontare. I progressi faticano ad arrivare e Markus non riesce ad avere un contatto diretto con la CyberLife."
"Forse dovreste andare da Kamski," suggerì Hank.
"Forse. Ma credo che Markus non ami molto l'idea."
"Come dargli torto," mormorò, ripensando all'ultima volta in cui erano stati a casa del creatore di Markus e Connor. Kamski era un uomo eccentrico e decisamente poco affabile. Era il genere di uomo che Hank faceva molta fatica ad apprezzare, anche se per ovvi motivi.
"Entriamo?" chiese Connor, mostrando poi nella mano destra un sacchettino di carta, "ho comprato delle ciambelle. Vegane, ovviamente, ma ho pensato che ti avrebbero comunque fatto piacere."
Hank accennò un sorriso e si passò una mano tra i capelli, abbassando lo sguardo.
"Diciamo che la mia prima scelta non sarebbero le ciambelle vegane, ma…”
“Lo sai, è per la salute.”
“Lo so, lo so, non serve che mi fai la predica. Anzi, grazie,” rispose, prendendo il sacchetto che Connor gli porse gentilmente. “Ci volevano dopo questa giornata,” aggiunse.
“Qualche caso difficile?” Connor incrociò le braccia dietro la schiena, camminava sempre al suo fianco con una postura dritta, precisa. Hank avrebbe voluto vederlo più sciolto, qualche volta.
“Un bambino ucciso dal padre,” rispose Hank, prendendo una birra dal frigo e addentando la prima ciambella. Si sedette sul divano, sapendo che l’altro avrebbe fatto lo stesso.
“Oh. Mi dispiace,” rispose, accomodandosi al suo fianco. Hank notò il cipiglio di dispiacere sul suo volto e non se ne meravigliò troppo, da quando era diventato deviante, Connor sembrava davvero essere cambiato nel modo di approcciarsi alle emozioni. Aveva ancora molto da imparare, ma le sue reazioni erano sincere, a volte anche troppo. Sembrava non essere sempre in grado di calibrare il modo di percepire le cose, ma Hank supponeva che fosse normale. In fondo chissà come sarebbe stato essere un guscio vuoto improvvisamente riempito di troppe sensazioni.
"Già, la solita merda," Hank bevve un altro sorso di birra e addentò ancora la ciambella. Doveva ammetterlo; era davvero buona per essere una versione light di una ciambella vera. Certo, poteva quasi dire che fosse fatta di aria, ma in fondo non era così. Il sapore era piuttosto simile a quelle che mangiava ogni giorno, e in realtà forse avrebbe davvero dovuto cominciare ad abbracciare la filosofia di Connor riguardo al cibo, sicuramente la sua salute avrebbe ringraziato.
"Vorrei davvero tornare ad investigare attivamente con te, però," disse Connor. Le mani precise sulle ginocchia e la postura composta. A volte Hank avrebbe voluto che si sbottonasse un pochino di più.
"Succederà. Dobbiamo solo aspettare che la legge faccia il suo corso."
"Sembra essere piuttosto lento, questo corso," mormorò Connor, e Hank poté cogliere la nota di disappunto nella sua voce.
"Hai ragione. Lo è per gli umani, figurati cosa può importare al Governo americano dei diritti degli Androidi. Vorrei dirti che avete davvero vinto la rivoluzione, ma niente sarà vinto finché davvero, ogni singolo umano presente sulla faccia di questa dannata terra, non saprà riconoscervi come esseri viventi pari a noi e purtroppo, Connor, la strada è ancora piuttosto lunga."
Connor serrò le labbra e guardò Hank intensamente, il quale si chiedeva, ogni santa volta, che cosa passasse nella mente dell'androide. Se da un lato almeno all'apparenza sembrava sempre perfettamente umano, da un punto di vista mentale, era difficile leggere le emozioni dentro di lui, almeno in alcuni momenti.
"Temo tu abbia ragione," rispose poi, rilassandosi un po' e cambiando spontaneamente canale alla tv. Hank a volte lasciava che Connor decidesse che cosa guardare anche solo per insegnargli l'arte del libero arbitrio.
A differenza degli altri androidi diventati devianti, il percorso di Connor era stato diverso. Più tormentato, più lento. Connor non aveva accettato immediatamente la propria devianza sebbene avesse avuto quasi sempre una scelta fin dall'inizio della sua breve vita. Molte volte aveva anteposto la vita di Hank alla sua missione, per esempio, e quello sembrava già essere un "sintomo" più che sufficiente per denotare una devianza.
Nonostante ciò, però, Connor doveva ancora familiarizzare con le emozioni e imparare a gestirle, controllarle. Alcune volte rimaneva vittima di esse e sembrava paralizzato dall'incertezza sul fare o non fare qualcosa, lasciarsi andare o non lasciarsi andare.
Hank, come meglio poteva, cercava di insegnargli quei piccoli passi e di farlo progredire. Certo, ne era sicuro, non era il miglior insegnante del mondo.
Purtroppo la sua testa era talmente un fottuto casino che nemmeno il più geniale degli psicologi avrebbe potuto districare quel nodo che c'era dentro di lui, ma se poteva almeno fare qualcosa di buono per Connor l'avrebbe fatto, a qualunque costo.
Passarono la serata sul divano e Hank si addormentò lentamente, lasciandosi cadere sulla spalla del compagno androide e risvegliandosi qualche ora dopo nel proprio letto, avvolto perfettamente dalle coperte.
*
L'indomani, Hank era stato chiamato per investigare su una sparizione di un androide domestico. A detta del padrone di tale androide, la fuga non sembrava un'opzione papabile, in quanto quest'ultima aveva deciso per propria volontà di rimanere a vivere con lei.
Daisy era una signora sulla quarantina che viveva da sola e quando Hank l'aveva vista aveva provato un'immediata pena per lei. Se ne stava piegata sul divano, con un cumolo di fazzoletti sporchi sul tavolo e non riusciva a smettere di piangere.
Di scene come quella ne aveva viste tantissime ovviamente, ma quel caso sembrava riservare qualcosa di speciale per lui.
La nota di colore, infatti, sembravano essere i sentimenti di Daisy per l'androide. Un caso che avrebbe potuto trovare prima nelle sue indagini, ma che in effetti non si era ancora palesato. Almeno fino a quel momento.
Hank si sedette con lei al tavolo e prese appunti. Era strano investigare da solo, dopo tutti quei mesi in cui era stato affiancato da Connor e dalla sua fastidiosa puntigliosità.
"Non potrei vivere senza la mia Alia," mormorò, stringendosi nelle spalle. La donna si fece piccola davanti a lui, "per me lei è... molto più di un androide. Magari le sembrerà stupido, ma nessuno mi ha mai voluto bene quanto lei."
Appoggiò una mano sul tavolo, cercando quella di Hank, il quale ritrasse istintivamente le dita per poi cercare di non ripetere quel gesto. Andiamo, era solo una persona che aveva bisogno di sostegno!
"Mi prometta che la ritroverà."
Non gli piaceva fare promesse che non poteva mantenere, ma il dolore negli occhi di quella donna gli faceva male. Chissà se anche lui sarebbe stato così, senza Connor. I sentimenti erano senza dubbio diversi, ma non riusciva più ad immaginare la propria vita senza quell'ammasso di circuiti e sangue blu.
"Ci proverò," rispose, cercando di rivolgerle il più caldo dei sorrisi che poteva sfoggiare.
E ci avrebbe provato, davvero. Ce l'avrebbe senz'altro messa tutta.
Le circostanze erano strane e gli indizi davvero pochi. Nessuna traccia particolare, l'androide era semplicemente scomparsa nel cuore della notte, dopo essere uscita per prendere il latte.
Daisy non sembrava nemmeno avere particolari inimicizie o rivalità sul lavoro, nessuno che avrebbe potuto, con motivazione, rapire il suo androide per sfregio, almeno per ciò che sembrava risultare nella prima stesura dei fatti. Era tutto molto strano, troppo.
Hank si alzò e con un saluto si congedò, dando una pacca sulla spalla a Daisy e dicendole di rimanere speranzosa e che avrebbe fatto del suo meglio.
E di sicuro ci avrebbe provato.
***
Connor non aveva mai parlato con Hank di Amanda. Non ne aveva mai avuto l'occasione o, semplicemente, ogni volta che aveva provato a farlo, qualcosa lo aveva bloccato. Niente di esterno, qualcosa dall'interno, come un comando, un ordine. Il che era assurdo, dal momento che era un deviante, ormai. Tuttavia, c'era sempre qualcosa nel retro della propria mente che lo portava a bloccarsi in determinate situazioni. Era come se si dimenticasse cosa voleva fare o dire e la cosa lo frustrava.
Così, nei momenti in cui Hank era a lavoro, oltre che ad occuparsi della casa, Connor provava a fare ricerche sullo stato attuale degli androidi, dei loro diritti e degli upgrade effettuati dalla CyberLife. Dopo la rivoluzione tutto ciò che riguardava le azioni della CyberLife nei confronti degli androidi erano rimaste piuttosto fumose e poco chiare, questo non era un buon segno. Connor era stato ufficialmente estromesso da essa e non poteva più farvi ritorno, non come investigatore, almeno. Ormai era un semplice androide con qualche potenzialità in più. Per ciò che ne sapeva lui, la CyberLife aveva messo in commercio altri prototipi simili, ma lui era ancora unico nel suo genere, o almeno doveva esserlo dopo aver ucciso il suo simile il giorno in cui aveva liberato tutti gli altri androidi.
Anche se riposarsi non era così male, per Connor c'era davvero qualcosa di frustrante nel vivere costantemente lontano dalle indagini. Era nato per questo e non poterlo fare sembrava davvero ridicolo. Insomma, qual era lo scopo della sua esistenza e del proprio software se non indagare?
Avrebbe davvero voluto tanto tornare ad aiutare Hank, per questo aveva cominciato a svolgere da solo delle ricerche personali. Magari avrebbe potuto scoprire qualcosa.
Anche perché, ne era sicuro, la CyberLife non si sarebbe limitata a rimanere in silenzio mentre il suo business crollava miseramente a pezzi. Forse lo stavano reinventando, forse Kamski stava tornando al "potere" come aveva sempre desiderato.
Qualunque fossero le loro mosse lui voleva saperle e voleva essere certo di non essere manipolato un'altra volta. Non avrebbe potuto sopportarlo.
***
"Oggi uscirà un nuovo aggiornamento della CyberLife compatibile con gli androidi devianti," Markus era seduto sul tavolo e stava rivolgendo lo sguardo alla tv, la quale continuava a trasmettere notizie sugli androidi. Ormai erano sulla bocca di chiunque, ogni giorno. Erano la prima pagina nelle testate online, erano la notizia di punta dei servizi televisivi e talvolta invitavano devianti alle trasmissioni tv.
Erano trattati, almeno in parte, come dei fenomeni da baraccone.
"Credi che possa essere dannoso?" North rivolse verso di lui uno sguardo duro.
"Non lo so. Purtroppo non c'è modo di fermarlo, perciò ci prenderemo quel che verrà. Da ciò che mostra il rapporto è semplicemente un modo per rimediare eventuali bug dati dalla devianza, come istinti violenti e cose del genere. Francamente lo trovo più un tentativo per riprendere il controllo della nostra specie..."
North serrò le labbra.
"Possiamo cominciare ad elaborare un modo per fare dei downgrade o per scollegare il nostro software dalla CyberLife," suggerì Simon, seduto vicino a loro.
"Potresti farlo?" chiese Markus, estremamente serio.
L'altro annuì.
"Con tutta probabilità non potrò metterci un giorno, ma se non erro alcuni modelli saranno esclusi da questo update," esordì, "Io sono un modello piuttosto vecchio, anche presupponendo che l'upgrade punti a danneggiarci in qualche modo, potrebbe non essere compatibile con il mio software."
Il pensiero di Simon sembrò piuttosto ragionevole e Markus avallò la sua richiesta.
Da dopo la rivoluzione, Markus, Simon, Josh e North avevano occupato un vecchio edificio abbandonato cercando di adibirlo come un posto vivibile, come una casa in cui tutti e quattro potessero vivere sereni. Era diventato una sorta di secondo quartier generale di Jericho, dove gli androidi potevano passare e cercare riparo in qualunque caso.
"Per una volta potrebbe davvero non essere qualcosa di negativo, non credete?" Intervenì Josh.
"Forse," Markus si mise le mani in tasca e lo guardò con aria scettica, "ma ancora non mi fido abbastanza. Gli umani non ci stanno dimostrando grande collaborazione. E' vero, non ci uccidono più a vista d'occhio, ma rimane il fatto che se fosse per la maggior parte di loro, la nostra specie nemmeno esisterebbe," scese dal tavolo e si diresse verso la porta. "Continuiamo le indagini e cerchiamo di capirci qualcosa. Intanto io ho chiesto a Connor di aiutarci, sicuramente lui conosce la CyberLife meglio di noi, uniti troveremo una soluzione."
Il resto dei presenti annuì e Simon cominciò ad eseguire le sue ricerche.
***
Quando Hank rientrò a casa fu accolto da un delizioso odore di cibo appena preparato. Si affacciò verso la cucina e trovò Connor impegnato a cucinare delle verdure. Sorrise, avvicinandosi a lui mentre Sumo continuava a infilarglisi - per come poteva - tra le gambe.
"Oh! Ciao Hank, non ti ho sentito rientrare," esordì. Per una volta, Hank aveva il piacere di vederlo semplicemente in maglietta e pantaloni morbidi, anziché avvolto sempre nei suoi abiti formali.
"Cosa stai cucinando?" chiese, sbirciando curioso.
"Verdure saltate e un po' di pollo alla griglia. Tutto molto banale ma, ti prometto, sarà buono," rispose, con un sorriso.
"E tu come fai a sapere se è buono se non puoi neanche assaggiare?" lo punzecchiò Hank e Connor non si scompose particolarmente.
"Naturalmente il mio software può dirmi quando qualcosa è buono e quando non lo è."
"Sembra che tu possa fare fin troppe cose domestiche pur non essendo un androide creato per questo."
Connor fece le spallucce.
"Che devo dirti, evidentemente la CyberLife ha voluto costruirmi in modo... completo."
Hank annuì.
"O forse Kamski è solo un maniaco della perfezione e ha deciso di inserire più protocolli possibili in quel cervello di latta e circuiti a dir poco perfetto. Chissà, prima o poi troverò qualcosa che non sai fare," ridacchiò, buttandosi sulla sedia lì vicino. "E ne sarò felice, perché non posso sopportare che tu faccia tutto questo per me in ogni momento della tua giornata."
L'androide finì di preparare il pasto e lo servì ad Hank.
"Non mi sembra ci sia qualcosa di male nel volermi prendere cura di te," disse, chinandosi verso di lui per porgergli il piatto. Hank si ritrovò il viso dell'altro improvvisamente vicino al proprio e la cosa lo mise più a disagio di quanto, razionalmente, non avrebbe dovuto.
"No..." mormorò, ritornando a respirare e inalando il buon odore che proveniva dalle verdure. In effetti non sembravano per niente male, per essere solo verdure.
"E poi se proprio non vuoi che io continui a prendermi cura di te facendo questo, almeno fammi tornare ad investigare!" disse, guardandolo con fare implorante, "lo so che legittimamente non posso, ma che importa? Voglio aiutarti! E' bello stare a casa tutto il giorno con Sumo a fare ricerche sulla CyberLife per Markus, ma... sono sicuro che sul campo potrei scoprire qualcosa di più."
Hank lo guardò storto per qualche minuto, ma poi la sua espressione cambiò. In effetti, forse alcuni dei casi sarebbero potuti essere davvero utili agli scopi di Connor, visto che molti riguardavano androidi.
E per essere precisi, due nello stesso giorno, sembravano trattare la sparizione misteriosa di androidi perfettamente sani e con buoni rapporti con i propri padroni.
"Ci devo pensare," rispose Hank, addentando il suo pranzo. Era decisamente troppo buono per essere vero.
Dannato androide.
"Dì la verità, lo hai leccato prima di servirmelo, mh? Sennò non riesco a spiegarmi come possa essere così dannatamente delizioso!"
Connor provò ad abbozzare un sorrisetto soddisfatto, "ammetto di aver usato i sensori sulla mia lingua, ma ho comunque un software in grado di rilevare il livello di bontà di un piatto."
"Hanno pensato davvero a tutto..."
"Lo hanno fatto. Per questo continuo a pensare che non possono essersi fatti sfuggire il controllo degli androidi così. E per quqesto ti sto chiedendo se posso venire con te e seguire le indagini," aggiunse, sedendosi al suo fianco e fissandolo intensità.
"Ci penserò, davvero. Voglio soltanto, sai... non mi va che Jeffrey mi rompa le palle per questa situazione, voglio essere sicuro che nessuno ci sarà d'intralcio. Sarò ovviamente contento di averti di nuovo al mio fianco, ma non voglio rotture, ok?"
Connor annuì.
"Ricevuto."
"E ora preparami un caffè bello forte, più tardi devo seguire un altro caso sulla sparizione di un androide. Il secondo, oggi."
Connor inserì la capsula nella macchinetta.
"Strano. Circostanze del primo?"
"Nessuna informazione rilevante. Viveva con una donna, credo... credo che fossero innamorate? L'androide è andata a prendere il latte ad uno store aperto ventiquattro ore e non è più tornata," rispose, guardando Connor, "non ci sono particolari sospettati, né ci sono persone che sembravano poter aver preso di mira la donna."
"Mh..."
"Non credo che l'androide sia fuggita, come dicevo, sembravano molto legate."
Connor servì il caffè ad Hank e quest'ultimo poté notare la scintilla di interesse nei suoi occhi. Doveva davvero mancargli investigare.
"Sembra interessante," asserì, per poi sedersi in modo composto e fare le coccole a Sumo. Il cane si era avvicinato a loro e aveva cominciato a strusciarsi alle gambe di Connor.
"So che vorresti venire oggi pomeriggio, ma intanto cerca di badare a lui. Senz'altro almeno uno dei due può godere della tua compagnia," scherzò Hank, cercando di essere un po' più tenero.
In quel periodo stava davvero provando ad essere meno burbero con Connor, cercando anche di apprezzare i suoi sforzi nel prendersi cura di lui. Era ancora insolito, ma ovviamente gradito.
"Ah, comunque la CyberLife oggi rilascerà, o forse ha già rilasciato, un upgrade per alcuni androidi, per la maggior parte, per essere precisi. E se non vado errato ha a che fare con il tentativo di sistemare alcuni bug dati dalla devianza. Credi che possa aiutarti in qualche modo?"
Hank tornò serio.
"Forse. Che tipo di bug dovrebbe sistemare?"
Connor fece le spallucce, "suppongo che siano tentativi di rimediare agli istinti omicidi dimostrati da alcuni androidi che si ribellavano agli abusi dei padroni. In verità sono abbastanza sicuro che non sia tutto qui, per questo sto continuando ad indagare sulla faccenda."
"Dovrai fare anche tu questo aggiornamento?" chiese Hank, improvvisamente un po' preoccupato.
"Credo di sì, dovrebbe essere automatico. Per quanto la CyberLife abbia slegato ogni contratto lavorativo e di impegno con me, rimango comunque costruito da loro e registrato nei database..."
"Beh, tecnicamente sei tu che hai rotto con loro. Avrebbe senso disattivarti o cercare di farti diventare obsoleto, no?"
"Corretto. Ma credo che i loro scopi siano ben altri e io non ho idea di cosa fare per impedir loro di intervenire ancora sul mio software," spiegò, facendo le spallucce. "Qualunque cosa succeda, sono certo che la risolveremo. Non credo, in ogni caso, che sia qualcosa di apertamente dannoso. Non gli conviene, non trovi?"
"No, certo che no," rispose Hank, poco convinto.
La verità era che da quelli della CyberLife si aspettava di tutto, avevano pur sempre creato un androide destinato ad uccidere altri androidi e avevano taciuto per tutto il periodo della rivoluzione. Non ci si poteva fidare. E tutto ciò sembrava un ossimoro, dal momento che però si fidava ciecamente di una loro creazione.
Connor, in fondo, era molto più che un ammasso di ferraglia creato da un'azienda e da uno con decisamente troppo potere e quoziente intellettivo - e con ancor più manie di grandezza.
Si chiese se non ci fosse qualcosa che ancora, dopo tutti quei mesi, non avevano ancora colto. E sicuramente c'era, doveva davvero capire di cosa si trattasse, per il bene di tutti e per quello di Connor.
***
Quando Hank rientrò quella sera, trovò Connor insolitamente in stasi. Era seduto sul divano come al suo solito, il led lampeggiava di giallo e si era messo composto, con le mani in grembo e la tv accesa.
I suoi occhi erano chiusi e l'espressione serena.
Guardò sul tavolo, c'era un fogliettino che recitava un "sto eseguando l'aggiornamento. Non preoccuparti, sarò in stasi solo per qualche ora - Connor". Hank appoggiò le chiavi lì vicino e osservò la calligrafia perfetta, praticamente quella di un computer.
Non poteva far a meno di preoccuparsi, almeno un po', per ciò che stava succedendo a Connor. Se l'aggiornamento richiedeva la stasi per essere eseguito, da ciò che aveva imparato in quei mesi, non poteva essere qualcosa di semplice.
E se lo avesse riportato alle impostazioni di fabbrica?
Hank scosse la testa.
Che sciocchezze. Aveva decisamente bisogno di riposare. Un'azione del genere avrebbe senz'altro generato caos e anche un'altra rivoluzione, per alcuni androidi. Sarebbe stato un togliere la devianza e ormai, almeno in teoria, non era più un'azione legale.
Cercò di tranquillizzarsi. Prese una birra e si sedette al suo fianco, pensando che quando si sarebbe risvegliato, forse gli avrebbe fatto piacere trovarlo lì.
Connor si svegliò a notte fonda. Aprì gli occhi sbattendo le palpebre un paio di volte e sentendole insolitamente pesanti. Si guardò intorno. Sumo riposava sereno ai suoi piedi e vicino a lui Hank era crollato sul bracciolo del divano, con le braccia sotto la testa e la bocca semi aperta. Sorrise, accarezzandolo istintivamente.
Apprezzava le piccole premure che Hank cercava di rivolgergli. Non erano molte e non gliene faceva una colpa, sapeva perfettamente quanto, alcune volte, potessero costargli fatica. Per uno come lui non doveva essere facile tornare a prendersi cura del prossimo, ma al tempo stesso era sicuro che non avesse mai smesso di farlo, nemmeno sul lavoro, quando cercava di proteggere i suoi colleghi e, talvolta, anche lui.
Apparentemente non c'era niente di nuovo nel suo software: nessun aggiornamento che potesse fargli pensare che fosse cambiato qualcosa di fondamentale, eppure nell'insieme si sentiva... diverso. Non avrebbe saputo spiegare come, ma qualcosa, nel retro della propria mente, sembrava sibilare.
Scacciò quel pensiero, forse era semplicemente stato suggestionato da ciò che aveva insinuato Hank e dalle proprie preoccupazioni nei confronti della CyberLife - preoccupazione, comunque, che sarebbe continuata a persistere a prescindere da quanto provasse a scacciarla.
Connor decise di passare lì il resto della notte, rimanendo al fianco di Hank. Più passava il tempo, più sentiva il bisogno di stargli vicino. Tirò su una coperta per coprirlo e lo aiutò a distendere le gambe, mentre mugugnava con disappunto. Lui si prese una sedia e si avvicinò il più possibile, mentre entrava di nuovo in stasi.
***
L'indomani, Hank fu il primo ad aprire gli occhi. Spostò lentamente la coperta e si passò una mano sugli occhi. Connor era al suo fianco, seduto su una sedia e con la testa leggermente reclinata in avanti. Doveva essersi svegliato la nottte prima, dal momento che lo aveva sistemato e si era messo lì. Immaginò l'androide addormentarsi mentre lo osservava e questo, per quanto potesse essere in parte piuttosto ansiogeno, lo rese un po' felice. Significava che Connor stava bene dopo l'aggiornamento e che non c'era niente di cui preoccuparsi - o almeno, così voleva sperare.
Non appena sentì dei rumori, Connor si svegliò dalla stasi e trovò Hank in cucina intento a prepararsi una tazza di latte e un po' di caffè.
"Stai bene, quindi," esordì, versandosi il tutto in una tazza.
"Sì, l'aggiornamento sembra essere davvero innocuo," rispose Connor, lucido.
"Forse siamo davvero troppo prevenuti," Hank provò a rivolgergli un mezzo sorriso incerto e Connor annuì.
"Forse."
Ci fu qualche secondo di silenzio, dove nessuno dei due sapeva esattamente cosa dire. Hank avrebbe voluto ringraziare Connor e dirgli che era felice di vederlo e che stesse bene, Connor invece avrebbe voluto semplicemente dirgli grazie perché si preoccupava sempre per lui e, fino a prima di conoscere Hank e approfondire un rapporto con lui, non aveva mai conosciuto il calore di chi ti voleva bene.
Hank si avvicinò e gli diede una pacca affettuosa sulla spalla, rivolgendogli un sorriso timido ma sincero, e andò a sedersi. Il sangue nel petto di Connor cominciò a pompare più forte e velocemente.
Il tocco di Hank gli provocava sempre una sensazione alla quale non sapeva dare un nome. Era qualcosa di viscerale, se poteva essere il termine adatto, qualcosa che partiva da dentro e che lo faceva tremare, era come se ne avesse sempre avuto bisogno senza saperlo. Fino a quel momento, tutte le volte che aveva provato del contatto fisico con gli umani era stato per dei combattimenti o inseguimenti, ma con Hank era disinteressato, positivo. Per ciò che aveva avuto modo di studiare, gli umani utilizzavano il linguaggio del corpo e il contatto per comunicare emozioni, che fossero positive o negative. Nel suo caso, tutto ciò sembrava potersi racchiudere nella parola "affetto", ma non poteva di certo esserne sicuro al cento per cento.
"Oggi posso venire con te?" domandò Connor, guardandolo. Hank scosse la testa, "mh, non ancora. Anzi, oggi preferirei che tu stessi qui al sicuro, così da non rischiare che il tuo aggiornamento ci riservi qualche brutta sorpresa in giornata."
"Ma sto bene, davvero."
"Sì, lo vedo che stai bene, però..." Hank alzò lo sguardo verso di lui, comunque preoccupato. Sapeva benissimo che non aveva alcun senso quella preoccupazione, ma non poteva far a meno di avere un brutto presentimento, "per una volta, semplicemente, fai ciò che ti dico. Okay?"
Connor annuì, mesto.
"Okay."
"Sarò di ritorno stasera," Hank si infilò il cappotto e guardò sia Sumo che Connor, salutando il cane con delle coccole prima di uscire e dando un colpetto sul braccio di Connor in modo affettuoso. Quella era la sua nuova famiglia, strana, ma alla fine era sicuramente ciò che si poteva avvicinare di più ad esserlo.
"Fate i bravi, okay?"
"Certo," Connor lo salutò e chiuse la porta di casa, prendendo il collare per Sumo. Notò che nelle dispense c'era poco cibo, quindi per quel giorno avrebbe potuto fare un po' di spesa, portare fuori il cane e poi tornare a casa per cercare di portare avanti le ricerche concordate con Markus.
Una parte di sé era realmente stupita per la questione dell'aggiornamento. Non riusciva a capire quale bug fosse stato sistemato e suppose che forse dovesse agire su chi lo aveva manifestato, però era strano, perché, da ciò che aveva avuto modo di capire informandosi, doveva essere utile a tutti i devianti.
Magari l'avrebbe scoperto con il passare del tempo, ma comprendeva i timori di Hank, sebbene non volesse totalmente ammetterlo.
Pensare spesso ad Hank era qualcosa che rendeva Connor felice. Gli scaldava il cuore e lo faceva sentire bene, come non si era mai sentito prima. Era una sorta di sensazione confortevole che lo faceva sentire al sicuro. Come la mano che l'aveva sfiorato prima, come ogni tocco che gli rivolgeva. Ogni genere di contatto per Connor diventava qualcosa di prezioso, che doveva conservare gelosamente.
Non sapeva dare un nome preciso a ciò che provava nei confronti di Hank, anche perché per lui i sentimenti erano qualcosa di sconosciuto. Non voleva mai privarsi della sua presenza e ne sentiva la mancanza quando andava via.
Lo voleva con sé, voleva sentire i suoi abbracci e aveva scoperto di avere davvero un debole per il contatto fisico.
La pompa presente al centro del suo stomaco cominciò a filtrare il thirium sempre più velocemente. Si portò una mano sull’addome e premette, sentendosi sempre più accaldato al pensiero di Hank che lo stringeva a sé. C’era qualcosa di confortante nel calore umano pressato sopra la propria pelle sintetica da androide. Ogni volta che lo abbracciava, poteva sentire il suo respiro caldo sul collo, poteva sentire quanto Hank, a tutti gli effetti, fosse vivo.
Si lasciò coccolare per qualche minuto da quel pensiero, dopo di che andò effettivamente a fare la spesa.
***
Passò una settimana dal giorno in cui Connor eseguì il suo aggiornamento e non vi era niente di strano in lui. Hank sarebbe quasi potuto essere felice di constatare il suo errore, se non per una cosa: Connor continuava a dimenticarsi le cose che gli chiedeva.
Poteva sembrare una sciocchezza da niente, ma Hank si ritrovava sempre ad essere piuttosto turbato dalle dimenticanze di Connor, che fino a quel momento si era rivelato un orologio svizzero e al tempo stesso una dannata agenda vivente.
Si dimenticava appuntamenti o cose banali, come comprare qualche accessorio al supermercato, tuttavia erano comunque segnali insoliti per uno come lui.
Si pensò semplicemente suggestionato dai casi che stava seguendo: la maggior parte riguardavano androidi dispersi a causa di improvvise amnesie, e Hank cominciò a chiedersi se non fosse proprio colpa dell’aggiornamento eseguito dalla CyberLife.
Alcuni degli androidi dispersi erano stati ritrovati nei borghi della città a vagare senza meta, altri erano morti o gravemente feriti, perlopiù picchiati da umani non tolleranti.
Del resto, Hank non poteva certo pretendere che l’umanità avrebbe accettato velocemente una nuova nuova razza o che avesse smesso di essere stronza e intollerante verso il prossimo.
Erano a pranzo quando finalmente, Hank decise di annunciare a Connor la lieta notizia.
“Puoi tornare a lavorare con me, se ti va,” cominciò, “ho parlato con Jeffrey, non è stato così entusiasta come avremmo voluto all’idea che tu tornassi ad indagare con me, ma neanche riluttante. Ovviamente non è una cosa ufficiale, però puoi seguirmi sui casi e cercare di darmi una mano. Sono sicuro che il tuo… beh, la tua dote investigativa potrebbe farmi davvero comodo.”
Connor si illuminò, saltando quasi sulla sedia.
“Non aspettavo altro,” rispose, entusiasta.
“Mi dispiace per Markus, ma temo che parteciperai molto meno alle sue riunioni,” rispose Hank, con un sorrisetto. In fondo non ne era affatto dispiaciuto e sapeva che anche Connor a sua volta, avrebbe di gran lunga preferito eseguire le indagini al suo fianco piuttosto che andare da Markus.
“Non credo che mi dispiaccia così tanto,” rispose Connor. Per quanto adorasse proseguire le indagini sulla CyberLife facendo riunioni con il resto della comunità di Jericho e con Markus, preferiva di gran lunga stare sul campo. Era certo che indagare sugli androidi scomparsi gli avrebbe fornito una pista assai più valida che cercare di sgominare piani senza avere realmente del materiale al quale poter fare riferimento.
Inoltre, le notizie di androidi ritrovati dopo giorni a vagare senza meta, aumentavano di giorno in giorno, e proprio da quando era uscito l’ultimo aggiornamento per il loro software.
Connor non era sicuro che fosse qualcosa di legato a quello; aveva eseguito delle autodiagnostiche ma nessuna di queste era risultata positiva per qualche genere di bug o difetto.
Non riusciva a comprendere quale fosse l'origine di quelle amnesie e voleva provare ad interrogare qualche androide che ne fosse stato affetto proprio per riuscire a trovare una spiegazione razionale.
***
"Ciò che sembrano avere in comune tutti gli androidi scomparsi è un forte legame con l'umano che li possedeva," esordì Connor, chinandosi sul cadavere di un androide. Era stato ritrovato dopo quattro giorni in un vicolo. Qualcuno gli aveva strappato la pompa del thirium dall'addome e lo aveva lasciato morire così. Forse un gesto di gelosia, o forse più semplicemente, un atto di bullismo e razzismo. Connor valutò la riattivazione, ma sembrava impossibile. Non aveva modo di reperire un pezzo mancante e non sapeva dove trovarlo. Era un androide piuttosto vecchio, fuori produzione e il padrone pareva vi fosse parecchio affezionato. Si chiese se i suoi ricordi non potessero essere comunque salvati e trasferiti in un nuovo corpo.
"Non c'è speranza?" chiese il padrone dell'androide, singhiozzando. Era venuto lì non appena lo avevano chiamato. Non era deceduto distante da casa, e questo era un altro dei fondamentali problemi di tutto quel caso: perché mai non era tornato a casa? In fondo era stato disattivato solo ventiquattro ore prima. Dove era stato tutti i giorni precedenti? A giudicare dalla reazione del padrone non sembrava esserci una buona ragione per stare lontani da casa per così tanto tempo o voler fuggire.
"L'unica cosa che possiamo provare a fare è trasferire la sua memoria dentro un nuovo corpo," Connor si mise le mani in tasca e guardò l'uomo, "ma non è detto che il passaggio riesca senza alcun rischio. E' possibile che così facendo perda parte dei suoi ricordi e, probabilmente, gran parte della memoria sensibile."
"Memoria sensibile?"
Connor annuì.
"Tutto ciò che fa parte dei sentimenti e che non è relativo a ciò che può ricordare in modo, diciamo così, tecnico."
Sebbene non fosse ancora un campione nel comprendere le emozioni umane, Connor poté notare un cipiglio di disperazione sul volto dell'uomo.
"Capisco..."
"Vuole fare comunque un tentativo?"
L'uomo guardò l'androide riverso a terra e sporco del suo stesso sangue. Si morse il labbro inferiore, mentre le lacrime continuavano a solcare di tanto in tanto le sue guance.
Hank rivolse uno sguardo impietosito a Connor e ci fu un momento di tensione tra i due, come se potessero comprendere perfettamente cosa stesse provando il loro cliente.
"Voi che fareste?" chiese poi, interrompendo il silenzio.
Connor guardò Hank, incapace di rispondere.
"Voi che fareste se uno dei due morisse? Non provereste a salvarlo ad ogni costo?"
Lo guardo azzurro di Hank sembrò quasi trapassare Connor, il quale si sentì spogliato da ogni barriera. Neanche il suo essere androide poteva bastare per schermare quel bisogno di sentirgli rispondere "sì".
Hank dal canto suo rimase in silenzio per qualche minuto e poi, con un sospiro, rispose con un "sì" piuttosto convinto.
Certo che avrebbe fatto di tutto per Connor. Di tutto e forse anche di più. E in fondo, entrambi, lo avevano già dimostrato l'uno all'altro in diverse occasioni.
"Allora vale la pena tentare," disse l'uomo, chinandosi sul cadavere dell'androide. Non poteva toccarlo, ma si poteva vedere quanto avrebbe voluto abbracciarlo e stringerlo a sé.
Quella scena fece male più del previsto al cuore di Connor e Hank, ma nessuno dei due si permise di aggiungere niente.
Rimasero a guardarlo in silenzio, mentre il cielo cominciò a scurirsi.
***
Quando salirono in macchina, la tensione tra loro divenne palpabile.
Hank guardò Connor un paio di volte prima di accendere il motore, ma nessuno dei due proferì parola.
Erano abbastanza scossi da ciò che avevano appena visto, sebbene fosse uno dei tanti casi che avevano affrontato assieme.
Forse Hank si aspettava che Connor dicesse qualcosa e forse al contrario, Connor si aspettava che Hank dicesse qualcosa, ma proprio per questo nessuno dei due prese l'iniziativa per provare a instaurare un dialogo su ciò che era appena successo.
Hank si era appena messo a paragone con quell'uomo; avrebbe fatto di tutto, davvero di tutto, per salvare Connor.
Quell'uomo che, probabilmente, era innamorato del suo androide.
Avevano molto di cui discutere, sicuramente, ma la cosa peggiore era che non lo stavano facendo.
Hank grugnì, infastidito e picchiò una mano sul volante.
"E così non dici niente?"
Connor continuò a guardare di fronte a sé.
"Cosa?"
"Ho appena ammesso che per te farei tutto e... non dici niente."
L'androide socchiuse le labbra, serrando le mani sulle proprie ginocchia, rimanendo nella sua solita compostissima posa.
"Hai ragione, è solo che... non so cosa dire? Credo che sia sbagliato, che non dovresti sacrificare la tua vita per la mia, non ne vale la pena." rispose Connor, stringendosi nelle spalle e accarezzandosi l'avambraccio. Un gesto fin troppo umano.
"Non dire cazzate, Connor. Sono io a decidere cosa vale la pena e cosa no, e ora come ora non potrei mai permettermi di perderti," disse, serio.
Ed era vero, perché se avesse perso anche lui, Hank non avrebbe avuto più la forza di rimettersi in piedi, e Dio sa solo quanta gliene era servita per riuscirci ancora. Certo, continuava a barcollare miseramente, ma almeno aveva smesso di toccare la pistola con l'intento di suicidarsi da un po'.
Connor abbassò lo sguardo, lasciandosi scappare un sorriso spontaneo.
"Suppongo che, allora, dovrei semplicemente rispondere con un grazie, Hank?"
Il tenente sorrise.
"Suppongo che possa essere un buon punto d'inizio, sì. Stai facendo passi avanti, come deviante," ridacchiò, soddisfatto. Se c'era qualcosa di piacevole nel loro rapporto, era come entrambi si stessero insegnando qualcosa.
Se da un lato, Hank stava insegnando a Connor come controllare la propria devianza e qualcosa sulle emozioni umane, Connor stava facendo comprendere ad Hank quanto la sua vita fosse importante.
Si sentiva felice con lui e non avrebbe mai e poi mai voluto far a meno della sua presenza, anche se a volte avrebbe voluto prenderlo a testate o si sentiva sconfitto dalla sua conoscenza su ogni fottutissima cosa.
"Ho un buon insegnante, dopotutto, non credi?"
Hank avrebbe voluto ribattere, perché no, assolutamente, non era un buon insegnante. Era la persona più incasinata che si potesse avere al proprio fianco per ciò che riguardava le emozioni, era veramente il casino umano per eccellenza, tuttavia non disse niente e decise di incassare quel complimento - o almeno, lui lo riteneva tale.
"Punti di vista. Ho fame, ti dispiace se facciamo una pausa?"
Connor lo guardò e Hank sapeva che avrebbe voluto rimproverarlo perché sì, nella sua pausa c'era incluso un doppio cheeseburger e una bella birra, tuttavia non lo fece. Non quella volta.
"Direi che per una volta possiamo fare uno strappo alla tua dieta," disse, guardando davanti a sé.
"Sai, a volte mi chiedo se ti sembro troppo grasso e vuoi farmi dimagrire o se semplicemente ti preoccupi della mia salute."
L'androide si girò verso di lui e inclinò la testa, curioso.
"Perché mai dovrei ritenerti grasso?" chiese, "onestamente, sono solo preoccupato per la sua salute. Se facessi delle analisi del sangue e scoprissi i tuoi attuali valori sono sicuro che saresti d'accordo con me," rispose, con semplicità.
"Mh, non credo di averne voglia."
"Però dovresti."
"Oh, andiamo, se lo sai tu potresti dirmelo, no?"
Connor scosse la testa.
"Non ho dati precisi. Dovrei campionare il tuo sangue e non credo tu ti voglia tagliare appositamente per questo e poi farti leccare da me," spiegò, sempre con fare analitico.
Hank per poco non inchiodò in mezzo alla strada.
Per qualche inspiegabile, ma forse non troppo inspiegabile, motivo, l'idea di Connor che leccava via del sangue da lui - magari dal suo dito, almeno per come se lo era immaginato, - causava in lui strane reazioni. A partire da un afflusso di sangue decisamente anomalo verso il basso ventre fino alle palpitazioni.
Che cazzo gli stava succedendo?
Era Connor. Connor, il suo parthner in crime, lo stesso androide di latta che lo seguiva ovunque e che lo stressava a volte e che si prendeva cura di lui fino allo sfinimento. Era Connor, forse anche l'unico che aveva dimostrato di apprezzarlo veramente per ciò che era negli ultimi mesi.
Lui, che si sentiva così sgradevole e ormai per niente attraente.
"No," rispose, finalmente, dopo che Connor doveva averlo chiamato almeno un paio di volte a giudicare dalla sua espressione confusa. "Certo che no. Non metterai il mio sangue sulla tua dannatissima lingua," gracchiò, tossicchiando mentre cercava di far svanire via immagini inappropriate dalla propria mente. Si vergognava anche solo di aver remotamente pensato qualcosa che non fosse innocuo e di averlo relazionato a Connor.
"Ti vedo in soggezione, è tutto okay?" chiese, avvicinandosi un poco. Di certo quando faceva così non aiutava. A volte aveva l'impressione di non potergli nascondere niente, come se fosse in grado di leggere i suoi pensieri.
"Sì, certo. Voglio solo il mio dannato panino e umh, non voglio sentirmi in colpa mentre lo mangio quindi ti prego, riservati i tuoi sguardi giudiziosi per un'altra volta, okay?"
Connor annuì.
"Okay."
Non appena arrivarono di fronte al suo paninaro di fidicia, Hank tirò un bel sospiro di sollievo. Aveva davvero bisogno di un po' di cibo spazzatura per dimenticare tutta la merda triste che aveva visto in quella giornata - e settimana.
"E comunque, per quanto mi riguarda, io credo che tu sia un uomo intrigante," la voce di Connor spezzò il silenzio e la sua frase fu parzialmente coperta dal rumore della portiera della macchina che si chiudeva.
Per poco Hank non si strozzò con la sua stessa saliva.
"Asp- Cosa... cosa?!" esclamò, "cosa ti salta in mente? Cioè, grazie, credo? Io..."
Erano passati secoli dall'ultima volta in cui aveva ricevuto un complimento disinteressato e se cominciava a fare due più due, la sua testa non avrebbe smesso di fermarsi e non sarebbe più stato capace di mettersi un freno. Perché Connor doveva uscirsene con una frase simile proprio dopo la loro chiacchierata in macchina?
Si sentiva tremendamente a disagio.
"Mi dispiace averti messo in imbarazzo," rispose Connor, notando probabilmente la sua espressione o chissà, magari era diventato rosso in faccia. Non poteva saperlo ma si sentiva andare a fuoco come il peggiore dei quindicenni alla prima cotta.
"Sì, umh, non fa niente..." borbottò.
E comunque, non era cotto di Connor, ovviamente. Era solo un paragone.
Eppure come avrebbe potuto spiegare le sensazioni che provava verso di lui e ciò che aveva detto poco prima?
Il bisogno di proteggerlo, l'idea di sacrificarsi per lui, il sentimento che aveva sentito crescere nel proprio petto all'idea che altri umani e androidi, durante i casi che aveva avuto modo di incontrare sul suo cammino, si erano innamorati lungo quei mesi.
Hank sapeva la risposta a tutte le sue domande, come sapeva che nessuno, da un po' di anni a quella parte, gli aveva fatto più provare il tepore che ora sentiva ogni volta che tornava a casa, dove non c'erano soltanto quattro fredde mura ad accoglierlo, ma il suo adorato cane e una persona - perché sì, in fondo Connor era una persona - che lo amava, a suo modo.
L'amore di certo era un sentimento declinabile in molti modi, per questo Hank non voleva farsi troppe fantasie strane. Non avrebbe avuto senso rovinare il loro rapporto ed era piuttosto certo che le affermazioni di Connor fossero fatte in totale buona fede e ingenuità.
Quando arrivò di fronte al chiosco, tutte le sue preoccupazioni svanirono grazie al fantastico odore emanato dallo stesso. Patatine fritte, carne, tutto ciò che c'era di più grasso al mondo, lì trovava il suo paradiso. Era una sosta abituale per Hank, molto più abituale prima di conoscere Connor, ma comunque il posto dove era certo di poter tornare quando ne aveva bisogno. Ormai non doveva nemmeno più specificare che cosa volesse, il suo amico sapeva già che cosa fare.
Si ritrovò il menù tra le mani e inspirò l'odore - ottimo - del panino, sorridendo beatamente.
"A volte vorrei che tu fossi umano anche solo per fartelo assaggiare," esordì Hank, sistemandosi al solito tavolo lì vicino.
"Sono davvero così buoni quei panini?"
"Cazzo! Ci puoi scommettere. I migliori di sempre. Mi chiedo cosa diamine stia aspettando la CyberLife per rimediare questa mancanza... capisco che si tratta di una questione economica per chi possiede ancora un androide quindi non dico di farvi avere fame, ma almeno la possibilità di scegliere se mangiare o meno..."
Connor si appoggiò al tavolo e ci pensò su.
"Hai ragione. Non credo, comunque, che sia nelle priorità della CyberLife, piuttosto penso che ora come ora voglia insabbiare qualcosa."
"Hai dei sospetti?" domandò Hank, addentando poi il suo panino con fin troppa gioia.
"Qualcuno. Niente di sensato. E' che... ci sono cose che non riesco a cogliere. Ogni volta che sento di avere una buona intuizione, questa mi sfugge, capisci?"
Il tenente abbozzò un sorriso.
"Non starai diventando troppo umano, umh?"
Connor non rispose, limitandosi ad abbassare lo sguardo. Per qualche istante, Hank notò sfuggire via qualcosa dal suo sguardo, come se qualcosa fosse cambiato velocemente.
"Quindi, che ne pensi del caso di oggi?" chiese Hank. "Strane, queste amnesie, non trovi?"
"Sì, strane," Connor rispose con aria assente. Il suo led lampeggiava di rosso. Hank se ne accorse subito; appoggiò il panino e si avvicinò ulteriormente a lui, toccandogli una spalla.
"Connor? Tutto okay?" la sua voce doveva aver risvegliato qualcosa, perché il led poi divenne giallo e infine tornò ad essere blu.
L'androide sbatté le palpebre un paio di volte, un gesto che Hank gli aveva visto fare diverse volte, in passato. Solitamente significava un rapporto alla CyberLife, ma non poteva essere quello il caso.
"Scusami, non so cosa sia successo," si passò una mano sulla fronte. "Io... mi sono sentito confuso, come se non riuscissi a capire e... di cosa stavamo parlando?"
"Del caso," rispose Hank, analizzandolo. "Hai bisogno di sederti?"
"No Hank, ti ringrazio. Ti ricordo che sono un androide, io..." Connor si bloccò, "non ne ho bisogno, ma grazie, davvero."
"Umh, okay," l'uomo tornò ad addentare il suo panino, con aria poco convinta.
E se anche Connor avesse cominciato a dimenticarsi le cose? E se quelle fossero le prime avvisaglie?
Però nessuno dei suoi clienti aveva parlato di sintomi preventivi, quindi forse non c'era davvero da preoccuparsi. Certo, non poteva esserne totalmente sicuro. Avrebbe solo voluto capire cosa ci fosse di strano in Connor e come poterlo scoprire senza dover passare per forza dalle mani della CyberLife.